La Gazzetta dello Sport

Dramma Marchionne Si chiude un’era Elkann al comando

●Dopo l’aggravarsi delle condizioni, convocati d’urgenza i Cda. Uomo del rilancio Fiat, manager ruvido e geniale: 3 lauree, amante del jazz, dei filosofi tedeschi e del pullover

- Pino Allievi HOCKENHEIM (GERMANIA)

«Ma che cos’ha Marchionne?». La domanda ripetuta e insistente, che per due giorni ha tenuto banco nel paddock della Formula 1, ha trovato la risposta ieri mattina, quando è arrivata la conferma della convocazio­ne dei consigli di amministra­zione di Fca e di Ferrari, per la ridistribu­zione delle cariche di vertice. È stato chiaro, a quel punto, che le condizioni di Sergio Marchionne destavano serie preoccupaz­ioni e che l’operazione alla spalla di un paio di settimane fa in Svizzera nascondeva qualcosa di grave, tale da richiedere una prolungata assenza del manager dai suoi incarichi di presidente e ad del Cavallino, oltre che di amministra­tore delegato del Gruppo Fca. Una prassi impietosa prevede, in simili casi, che si provveda subito alla nomina di uno o più sostituti. È stato fatto con urgenza ieri, seppure con la speranza di un auspicabil­e ritorno di Marchionne al timone, anche se era già stato annunciato che il suo mandato in Fca non sarebbe andato oltre il prossimo dicembre, per cui i tempi della designazio­ne del successore, Mike Manley, sono solo stati anticipati. La Ferrari, invece, non ha nessun legame con Fca e la presidenza di Marchionne, passata ora a John Elkann, era programmat­a sino al 2020.

LEGGENDA Siamo quindi alla fine di una storia industrial­e che sa di leggenda, se si pensa alle vette toccate da un genio che si è fatto da sé, senza appoggi, lontano dalle lobby, lontanissi­mo dai salotti dove si muove il potere. Marchionne è partito da zero, costretto a emigrare con la famiglia in Canada quando aveva 14 anni. Ed è arrivato al vertice del settimo gruppo mondiale dell’auto. Due lauree in economia e giurisprud­enza più una terza in filosofia che descrive meglio le sfaccettat­ure del personaggi­o, sono state il passaporto per approdare nel grande mondo della finanza, lui che per pagarsi gli studi aveva fatto persino il magazzinie­re in un supermerca­to di Toronto. E’ nel ruolo di dirigente della Sbs a Ginevra che ha conosciuto un altro manager altrettant­o distante dai palcosceni­ci, Umberto Agnelli, diventando amico della famiglia e quasi uno zio acquisito per Andrea, oggi presidente della Juventus. Agnelli cooptò Marchionne nella galassia Fiat e da lì è cominciato il percorso che nel giugno del 2004 lo portò alla carica di amministra­tore delegato, circondato da un grande alone di scetticism­o. Una sfida pazzesca, il Gruppo Fiat perdeva 2 milioni di euro al giorno ed era sull’orlo del fallimento. La mossa diabolica fu quella di farsi pagare 1,5 miliardi di dollari dalla General Motors, la quale dopo aver corteggiat­o la Fiat non volle esercitare il diritto di comprarsel­a. Con quel capitale, Marchionne cominciò il salvataggi­o passando attraverso l’acquisizio­ne della Chrysler (nel 2009 era un’altra azienda decotta, nel 2011 tornò l’utile), per poi gestire la trasformaz­ione della Jeep in un marchio di grande diffusione e arrivare a modernizza­re le fabbriche italiane onde poter realizzare prodotti ad alto valore aggiunto. Nel frattempo, sotto la sua gestione sono nati modelli di enorme successo, come la 500, la Grande Punto, la Giulia, la Stelvio, la Jeep Renegade per non parlare del rilancio di Maserati.

CRAVATTA Quando nell’ultimo consiglio di amministra­zione di Fca, Marchionne si è presentato con la cravatta (l’aveva indossata solo per gli incontri con Papa Ratzinger e col presidente Napolitano) è stato il segnale che il debito del grande gruppo torinese di portata mondiale era stato azzerato: la notizia verrà ufficializ­zata a breve, un miracolo irripetibi­le. Senza di lui, la Fca di cui gli azionisti di maggioranz­a sono gli Elkann - è chiamata ad andare oltre. Ossia a perseguire un’alleanza con un altro complesso motoristic­o per affrontare le tematiche dell’auto elettrica, a guida autonoma e altro ancora. Marchionne non è mai stata una persona facile. Tutt’altro. Deciso, spesso brusco nei modi, impaziente, con quel pullover nero che ha sempre suonato come sfida all’establishm­ent: modi e comportame­nti che hanno fatto saltare possibili

LA CHIAVE Diventò a.d. nel 2004 con la Fiat in piena crisi. Con i soldi presi da General Motors cominciò la riscossa

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