Elliott di lotta e di governo Il Fondo sposta 30 miliardi
●Paul Singer alterna battaglie a fasi di gestione. Ora studia il piano triennale rossonero
Carrot and stick. Il fondo Elliott col Milan ha usato l’approccio morbido, la carota, durante tutto il primo anno: il ruolo di garanzia, le rassicurazioni, la presenza discreta. Ora, però, anche il mondo del calcio inizia ad avere idea di cosa accada quando Paul Singer impugna il bastone. E se Mister Li si è auto-fustigato con una condotta ancora tutta da decrittare, ieri è toccato a Marco Fassone avere a che fare col lato buio della luna. Ma chi è il nuovo padrone del Milan? Proviamo a inquadrarlo in 5 punti.
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Cominciamo dal patrimonio. La disponibilità dell’hedge fund multi-strategia americano è nell’ordine dei 35 miliardi di dollari (30 convertiti in euro). Sono soldi che il fondo ha in gestione e l’elenco degli investitori si allunga ogni volta che la famiglia Singer decide di allargare il cerchio. Paul, lo psicologo-avvocato laureato a Harvard che nel ‘77 fondò Elliott Management con poco più di un milione, oggi è accreditato di una fortuna personale di 2.8 miliardi di dollari.
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Come investe, il fondo Elliott? Diversifica, tenendo però costante l’interesse per le situazioni di crisi o di gestione inefficiente. Parlando di aziende, c’è un elenco piuttosto lungo: tra i nomi più grossi figurano Telecom, Hyundai, Adecco, Samsung. Ma il discorso va esteso addirittura agli Stati: doppia puntata sudamericana con Perù e Argentina, un po’ d’Africa in giardino con il Congo. Investimenti nei debiti di Paesi in default: rischioso ma non avventato, se poi si ha a disposizione un pool di legali di prim’ordine.
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Sì, perché le cause in tribunale sono all’ordine del giorno, per il fondo Usa. E non tutte le controversie sono rapide come quella con la Uefa finita al Tas. A volte ci vogliono 15 anni, ma chi la dura la vince, come nel caso celebre dei bond AP argentini, che la patria di Maradona e Messi è stata costretta a rimborsare per la bazzecola di 2,4 miliardi di dollari. Una famosa lotta a colpi di carte bollate è quella con Hitachi per Ansaldo, mentre l’altra battaglia che tutti hanno bene in mente è quella per estromettere Vivendi dal controllo di Tim. In ognuno di questi casi, a spuntarla è stato il fondo Elliott.
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Proprietà chiara, patrimonio rintracciabile, fama internazionale. Se c’è un punto interrogativo riguardo al matrimonio tra Elliott e il Milan, però, è quello sportivo. Non è il terreno preferito dall’hedge fund, come è ovvio, ma quanto meno Paul Singer e il figlio Gordon conoscono il calcio per il comune tifo Arsenal.
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L’avventura rossonera sarà anche l’occasione per dimostrare di essere qualcosa più di un fondo speculativo. Il piano triennale di Elliott, nelle intenzioni, è improntato su risanamento e gestione virtuosa. Parola d’ordine: valorizzazione. Del club e del suo brand, attraverso attente politiche di marketing. Con attenzione ai conti e immissione di denaro per equity e mercato, Singer conta di rimettere in forma il Diavolo. Anche senza stadio di proprietà, per via dei tempi tecnici e burocratici.