La Ferrari per Marchionne
Team in silenzio, la Rossa in pista listata a lutto I medici di Zurigo «Era in cura da un anno». Fca: «Non informati»
La bandiera rossa con il Cavallino sventola a mezz’asta sulla cima del motorhome Ferrari. Tutt’intorno c’è silenzio, l’aria sembra sospesa nel caldo dell’estate infuocata, e senza le auto che girano in pista l’atmosfera ha qualcosa di irreale. I meccanici fanno avanti e indietro fra il garage e il paddock dell’Hungaroring con la fascia nera al braccio. Hanno le facce tristi. Lavorano sulle monoposto di Sebastian Vettel e Kimi Raikkonen, che oggi scenderanno in pista listate a lutto, come era successo a Monza dopo l’attentato delle Torri Gemelle nel 2001 e quattro anni dopo in Bahrain dopo la morte di Papa Wojtyla.
SHOCK La scomparsa tragica e improvvisa del presidente Sergio Marchionne è una ferita aperta. Ieri la scuderia di Maranello ha cancellato tutti gli impegni con stampa e tv, adducendo come motivazione il rispetto della volontà della famiglia del manager italo-canadese, che ha chiesto riservatezza. Così Vettel, arrivato in circuito con il lutto al braccio, non ha parlato. E neppure Raikkonen, atteso nella conferenza ufficiale Fia. La Federazione, viste le circostanze, ha dispensato il team senza infliggere multe. Oggi era lecito aspettarsi qualche dichiarazione almeno da parte di Maurizio Arrivabene, come segnale di continuità del lavoro e per ricordare Marchionne, ma la Ferrari ha preferito il silenzio.
TESTIMONI Se ne va un gigante, un uomo d’industria geniale che ha segnato gli ultimi quindici anni di storia della Fiat e della Scuderia. Il vuoto che lascia è profondo anche in F.1. C’è un motivo se Sergio, come lo chiamavano Toto Wolff e Christian Horner, ha potuto sedersi subito al tavolo delle riunioni strategiche e dare del «tu» da vero leader ai protagonisti del mondo dei gran premi. Forte del suo carisma. Frederic Vasseur, capo dell’Alfa RomeoSauber, la squadra con cui Marchionne aveva siglato uno storico accordo per riportare il Biscione nelle corse dopo oltre trent’anni, potrebbe raccontare delle riunioni in aeroporto a colazione. E Gunther Steiner evidenzia «quella visione a lungo termine che si percepiva in ogni suo discorso», rivelando che Marchionne aveva espresso la volontà di fare visita alla fabbrica di macchinari di Gene Haas negli Usa, cosa che purtroppo non potrà più accadere.
MONDIALE Esigente con i suoi uomini, feroce nella tenacia con cui chiedeva di ottenere i risultati, in soli quattro anni il presidente ha centrato tutti gli obiettivi a Maranello. Le vendite delle GT stradali sono cresciute assieme ai fatturati. In F.1 ha ereditato una Ferrari che aveva chiuso il 2014 con zero vittorie, portandola in un paio di stagioni a lottare per il Mondiale contro il colosso Mercedes, lo squadrone più potente della storia. La rossa avrebbe potuto vincere il titolo già l’anno scorso, senza gli errori di Vettel e Raikkonen a Baku e Singapore oppure gli inconvenienti tecnici in Malesia e Giappone. Ma quest’anno c’è l’obbligo di riuscirci, visto che la SF71H è un missile e la power unit fa tremare i tedeschi. Un miracolo, considerando da dove era partita la Ferrari all’inizio dell’era dei motori ibridi.
EREDITÀ Vettel non può sprecare altri successi come a Hoc-
kenheim, perché il rivale Lewis Hamilton ha 17 punti di vantaggio e non fa regali. Deve riscattarsi già qui in Ungheria dove la Ferrari ha portato l’evoluzione 3 del motore destinata a Spa, per provarla su Haas e Sauber. La vittoria sarebbe il tributo più bello a Marchionne. A Maranello hanno il dovere di conservare la sua eredità, basata sulla filosofia del rischio e su tante scommesse vincenti (Binotto, Cardile, Iotti). Nelle corse tutto cambia in fretta. In poche settimane si decidono i campionati. Mantenere alta la tensione è il segreto per tirare fuori il meglio e battere la concorrenza. La lezione di Marchionne.