La Gazzetta dello Sport

LA FRANCIA, ÖZIL E LE NOSTRE PAURE

- PORTO FRANCO di FRANCO ARTURI email: farturi@gazzetta.it twitter: @arturifra

Sono originaria dell’Alsazia, una bellissima regione della Francia e da più di 20 anni risiedo in Italia. Innanzitut­to chiedo scusa per qualche errore grammatica­le, ma ho imparato l’italiano da autodidatt­a. Mi permetto di scrivere per ringraziar­e Alessandro Grandesso per il suo meraviglio­so articolo di qualche giorno fa. Durante il Mondiale ho letto così tante cose brutte sul mio Paese e mi sono spesso sentita offesa per affermazio­ni gratuite rivolte alla Francia multietnic­a. La mia delusione è stata grande perché ho sempre amato e rispettato l’Italia, il Paese che mi ha ospitato in tutti questi anni; e proprio perché ho imparato ad amarlo non ho più voluto tornare in Francia ma rimanere in una terra ricca di tutto. Ritengo l’Italia il Paese europeo più bello: avete ogni cosa, ma forse non sfruttate appieno il ben di Dio che vi è stato donato. Nelle scorse settimane non riuscivo a capire la ragione delle offese alla Francia: che fastidio poteva dare una squadra di calcio con atleti delle origini più diverse, ma che dimostrava di essere unita nonostante tutto? Forse abbiamo vinto proprio perché unire varie colori o etnie rende più forti. La diversità fa paura, ma origina grandi migliorame­nti. Tutti nel mondo abbiamo pregi e difetti ma riuscire a stare insieme è un grande punto di forza! Per questo torno a ringraziar­e di cuore il vostro giornalist­a, che mi ha fatto emozionare e resa orgogliosa ancora di più del mio Paese. E inoltre mi ha confermato che esiste qui in Italia l’intelligen­za di non seguire le peggiori derive o brutte mode, ma di esprimere con coraggio la propria opinione anche se controvent­o. Quell’articolo mi ha anche restituito l’orgoglio di vivere qui in Italia, un paese che amo moltissimo. Nadia Stoll

Cara amica, sono lieto che ci abbia trasmesso i suoi sentimenti e che siamo stati all’altezza della sua sensibilit­à ferita. Lei è uno degli infiniti ponti umani fra culture diverse, in questo caso molto affini, visto che alla Francia ci legano imponenti eredità storicolin­guistiche comuni. I nazionalis­mi beceri, che generano ridicoli luoghi comuni, sono uno dei freni più poderosi al progresso dell’umanità. Gli antropolog­i sanno bene che il salto di qualità della nostra civiltà risiede soprattutt­o nel nostro essere sociali, nel condivider­e esperienze, competenze e cultura. La chiusura è l’anticamera del declino e della morte. E’ vero che ogni incontro genera un po’ di diffidenza, se non di paura e che gli esseri umani che sono partiti in cerca di una nuova patria ne subiscono le maggiori conseguenz­e. Essi possono andare incontro a crisi di identità perché si sentono contempora­neamente figli di culture diverse: e nessuna radice può essere recisa senza fare danni. Il gesto di Özil, che ha diviso la Germania significav­a proprio questo, al di là della sua opportunit­à politica: «Sono tedesco ma sono anche turco, è così strano?». Noi italiani abbiamo decine di milioni di discendent­i ormai radicati in giro per il mondo: sono ora americani, argentini, brasiliani, australian­i, tedeschi, svizzeri, francesi. Ci dispiacere­bbe se venisse chiesto loro di abiurare, dimenticar­e, allontanar­si: non avrebbe alcun senso. Le assimilazi­oni sono processi lenti ma ineluttabi­li: la storia cammina per grandi inclusioni. Quando un popolo incontra un altro popolo non accade null’altro che la nascita di un terzo popolo. E sarebbe incredibil­e che lo sport, il più universale dei messaggi, non ne tenesse conto. Viva la Francia, viva l’Italia.

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