LA FRANCIA, ÖZIL E LE NOSTRE PAURE
Sono originaria dell’Alsazia, una bellissima regione della Francia e da più di 20 anni risiedo in Italia. Innanzitutto chiedo scusa per qualche errore grammaticale, ma ho imparato l’italiano da autodidatta. Mi permetto di scrivere per ringraziare Alessandro Grandesso per il suo meraviglioso articolo di qualche giorno fa. Durante il Mondiale ho letto così tante cose brutte sul mio Paese e mi sono spesso sentita offesa per affermazioni gratuite rivolte alla Francia multietnica. La mia delusione è stata grande perché ho sempre amato e rispettato l’Italia, il Paese che mi ha ospitato in tutti questi anni; e proprio perché ho imparato ad amarlo non ho più voluto tornare in Francia ma rimanere in una terra ricca di tutto. Ritengo l’Italia il Paese europeo più bello: avete ogni cosa, ma forse non sfruttate appieno il ben di Dio che vi è stato donato. Nelle scorse settimane non riuscivo a capire la ragione delle offese alla Francia: che fastidio poteva dare una squadra di calcio con atleti delle origini più diverse, ma che dimostrava di essere unita nonostante tutto? Forse abbiamo vinto proprio perché unire varie colori o etnie rende più forti. La diversità fa paura, ma origina grandi miglioramenti. Tutti nel mondo abbiamo pregi e difetti ma riuscire a stare insieme è un grande punto di forza! Per questo torno a ringraziare di cuore il vostro giornalista, che mi ha fatto emozionare e resa orgogliosa ancora di più del mio Paese. E inoltre mi ha confermato che esiste qui in Italia l’intelligenza di non seguire le peggiori derive o brutte mode, ma di esprimere con coraggio la propria opinione anche se controvento. Quell’articolo mi ha anche restituito l’orgoglio di vivere qui in Italia, un paese che amo moltissimo. Nadia Stoll
Cara amica, sono lieto che ci abbia trasmesso i suoi sentimenti e che siamo stati all’altezza della sua sensibilità ferita. Lei è uno degli infiniti ponti umani fra culture diverse, in questo caso molto affini, visto che alla Francia ci legano imponenti eredità storicolinguistiche comuni. I nazionalismi beceri, che generano ridicoli luoghi comuni, sono uno dei freni più poderosi al progresso dell’umanità. Gli antropologi sanno bene che il salto di qualità della nostra civiltà risiede soprattutto nel nostro essere sociali, nel condividere esperienze, competenze e cultura. La chiusura è l’anticamera del declino e della morte. E’ vero che ogni incontro genera un po’ di diffidenza, se non di paura e che gli esseri umani che sono partiti in cerca di una nuova patria ne subiscono le maggiori conseguenze. Essi possono andare incontro a crisi di identità perché si sentono contemporaneamente figli di culture diverse: e nessuna radice può essere recisa senza fare danni. Il gesto di Özil, che ha diviso la Germania significava proprio questo, al di là della sua opportunità politica: «Sono tedesco ma sono anche turco, è così strano?». Noi italiani abbiamo decine di milioni di discendenti ormai radicati in giro per il mondo: sono ora americani, argentini, brasiliani, australiani, tedeschi, svizzeri, francesi. Ci dispiacerebbe se venisse chiesto loro di abiurare, dimenticare, allontanarsi: non avrebbe alcun senso. Le assimilazioni sono processi lenti ma ineluttabili: la storia cammina per grandi inclusioni. Quando un popolo incontra un altro popolo non accade null’altro che la nascita di un terzo popolo. E sarebbe incredibile che lo sport, il più universale dei messaggi, non ne tenesse conto. Viva la Francia, viva l’Italia.