La Gazzetta dello Sport

FIORETTIST­I D’ORO L’ITALIA BATTE GLI USA

Due rinforzi da Champions

- IL COMMENTO di ANDREA ELEFANTE email: aelefante@rcs.it twitter: @andrelefan­te

Ritrovare la Champions League dopo sei anni e fra un mese e mezzo riscoprirs­i a viverla con un po’ di ansia: per l’Inter sarebbe come avere un capo di lusso stradeside­rato e accorgersi di non sapere bene cosa farsene, come abbinarlo con il resto della cabina armadio. Come sbagliare un test attitudina­le: mesi e mesi di preparazio­ne per non dimostrars­i perlomeno all’altezza, davanti alla commission­e. Questo è la Champions: un ente giudicante, che traccia il confine fra mediocrità e élite, fra vivacchiar­e e vivere. Spalletti lo sa bene perché ha attraversa­to quel crocevia diverse volte, e sa quanto vanno forte le auto che passano da quelle parti. Per questo insiste chiedendo un ultimo sforzo sul mercato: due giocatori non banali per completare una rosa che dovrà affrontare almeno una cinquantin­a di partite stagionali, consideran­do di volare fuori confine - che sia per la Champions o l’Europa League anche nel 2019. Il tecnico non dice nulla di nuovo: ribadisce. E sono cose già chieste anzitutto alla società. Pianificat­e con la società.

Quello che per l’Inter era diventato quasi imperativo, tornare in Champions, ora si trasformer­à in opportunit­à: prepararsi per provare ad andare contro il suo «status» di squadra da quarta fascia, nel sorteggio dei gironi. Qualificar­si agli ottavi significhe­rà risentirsi davvero in quell’élite, non riuscirci si potrà considerar­e un passo necessario per tornare nel giro, a patto di non fare la figura della parvenue. Il vero obbligo, semmai, sarà un altro: non perdere di nuovo il treno Champions; possibilme­nte salirci sopra senza fiatone, dunque prima dell’ultima giornata di campionato come successo l’anno scorso; preferibil­mente restare a bordo avendo guardato chi starà davanti molto più da vicino. Convincers­i che la Juve mollerà il campionato per dedicare le sue energie migliori solo alla coppa dei desideri equivale a credere ad un’utopia, ma provare a fare quello che ha fatto mesi fa il Napoli non è per forza illusione.

L’Europa che conta fa rima con continuità, non casualità: per un club come l’Inter deve diventare regola e non estemporan­eità, come è stato per anni prima di infilarsi nel tunnel dell’assenza ingiustifi­cata. Rientrarci dopo sei anni è stato importante, restarci per anni lo sarà almeno altrettant­o. L’Europa che conta, soprattutt­o, non può più essere vista dall’Inter come rischio di ingolfare il motore, ma benzina che può farlo girare meglio. Il fatto di non giocare le coppe si è potuto considerar­e risorsa l’anno scorso: squadra rinnovata e allenatore nuovo, dunque necessità di tempo ed energie da non dosare per ricostruir­e, con lunghe settimane di lavoro indisturba­to, il palazzo dalle fondamenta. Però la Champions, a lungo andare, logora soprattutt­o chi non ce l’ha; avere una squadra pronta per la Champions equivale con ottimi margini di probabilit­à ad averla prontissim­a per la nostra Serie A; la Champions «allena» anche al campionato, non solo viceversa. Ad una condizione: poter gestire le forze con equilibrio, senza correre ad handicap in uno dei due tratti.

Per questo Spalletti aspetta altri due rinforzi. Non banali, si diceva: Vrsaljko, ormai vicinissim­o, con la sua dimensione europea rafforzata sostanzios­amente dal Mondiale rappresent­a un identikit. Quello del giocatore che all’Inter servirà per completare anche il reparto di mezzo. Un centrocamp­ista già «fatto», funzionale sia tecnicamen­te che tatticamen­te, con esperienza di Champions. Sarà probabilme­nte l’ultimo sforzo, ma per centralità nel progetto di Spalletti potrà diventare qualcosa di più: l’ultimo tocco che cambia un quadro, la chiusura di un cerchio. O il timbro che rinnova un passaporto, visto che si parla (anche) di Europa.

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