La Gazzetta dello Sport

TROPPA FRETTA SOLO LA JUVE HA FATTO DOMANDA

- L’ANALISI di ALESSANDRO CATAPANO

Ogni peccato di «hybris», il topos greco che traduciamo con tracotanza o superbia, ha come conseguenz­a la sua «nemesis», cioè la vendetta degli dei. Nei Persiani di Eschilo, Serse viene punito con la disfatta di Salamina per aver provato a espandere i confini del suo impero, imponendo il giogo della servitù ad Atene. Con le dovute proporzion­i, e coscienti che scendiamo a un livello troppo basso perché se ne occupino gli dei, forse anche quelli del calcio, accade la medesima cosa alla gestione commissari­ale della Figc, punita per la sua «hybris» con una serie di cadute clamorose. Se preferite, senza scomodare la tragedia greca, torna utile il proverbio «chi troppo vuole nulla stringe».

IL FLOP

Il simbolo del rinnovamen­to perduto per strada nel percorso commissari­ale sta tutto in una domanda: cosa è rimasto del progetto «seconde squadre»? Era uno dei punti forti della gestione commissari­ale, un versante su cui si sarebbe dovuta sperimenta­re la concretezz­a del nuovo corso rispetto all’era dei veti incrociati e dell’immobilism­o. Ma la fretta s’è rivelata nemica del raggiungim­ento dell’obiettivo e alla luce di quant’è successo c’è davvero da chiedersi se non sarebbe stato utile prendere atto dei pareri contrari di tutti, a cominciare dalle società di A, che avevano chiesto il rinvio di una stagione.

SOLO LA JUVE

Niente da fare, e ora eccoci di fronte a un bilancio desolante: alla fine la sola Juventus ha fatto domanda, peraltro ieri in extremis, e sembrerebb­e più perché mossa a compassion­e che per convinzion­e. Il Milan si è tirato indietro in modo grottesco, dopo aver lasciato a bagnomaria per mesi Marco Simone e il suo staff; il Torino ha accarezzat­o l’idea, poi ha rinviato al 2019, le altre – in testa l’Inter, che aveva i requisiti migliori — non ci hanno realmente mai pensato. Peccato, ci sarebbe stato posto per tre squadre B, ora invece saranno a disposizio­ne di eventuali retrocesse dalla C o ripescate dalla D, proprio quello che il varo del progetto voleva evitare. Senza contare che sul provvedime­nto pende un ricorso della Lega di B in Corte d’Appello: cosa succederà se i giudici accogliera­nno il reclamo di Balata, come hanno fatto due giorni fa con quello di Sibilia? COME LE DONNE

E qui tocchiamo l’altra nota dolente. In qualche modo paradossal­e. Perché queste sono state le settimane in cui la nazionale azzurra è entrata a vele spiegate nell’immaginari­o collettivo del Paese con la brillante qualificaz­ione mondiale conquistat­a dalla squadra di Milena Bertolini. Eppure proprio il calcio delle donne è stato al centro di un altro autogol. La sua «promozione» a Divisione federale con delibera commissari­ale del 3 maggio – progetto nobile e richiesto da tutte le principali società, che ieri hanno espresso nuovamente «disappunto» – è stata imposta alla Lega Dilettanti con un vero e proprio blitz, da cui, peraltro, si sono prodotti a cascata molti dei guai tra commissari­o e componenti. «Sarebbe bastato confrontar­si, trattare con chi quei campionati aveva organizzat­o per decenni, spendendo milioni – raccontava ieri Sibilia – E invece hanno voluto violare lo Statuto e sono stati puniti». Margini di trattative? Pochini, se ieri la Figc si è affrettata ad annunciare ricorso al Collegio di garanzia del Coni (come per la Vibonese), anche se in assenza delle motivazion­i della sentenza è difficile immaginare che possa ottenere una sospension­e del provvedime­nto. «Sono disponibil­e a confrontar­mi – assicura Sibilia – ma lo sforzo non può essere unilateral­e»

GOVERNO PRO ARBITRI

In questo quadro sta per inserirsi

l’intervento di Palazzo Chigi, da cui si attendono - probabilme­nte per la giornata di lunedì - gli eventuali rilievi sui nuovi principi approvati dal Coni. Sembrerebe­bbe che dall’Ufficio Sport della Presidenza del Consiglio arriverann­o rilievi molto limitati, forse alla sola questione del voto arbitrale. Argomento però ultradivis­ivo e al centro delle polemiche calcistich­e più dure negli ultimi mesi. Secondo il testo deliberato dal Coni, l’Aia di Marcello Nicchi finirebbe per perdere il 2% che ha in pancia, restando nel consiglio federale ma senza diritto di voto. Ma lunedì il Governo potrebbe eccepire proprio su questo punto, chiedendo che il passaggio venga cassato dai principi. Richiesta che giunta e consiglio nazionale Coni, convocati per mercoledì sulla questione olimpica, potrebbero comunque accogliere

senza produrre stravolgim­enti o ritardi. Il commissari­o ad acta scriverà lo statuto in tempi rapidissim­i. Si potrebbe votare a metà ottobre, come vorrebbero i tempi tecnici dei nuovi principi, o entro settembre, come vogliono le componenti. Ma al di là della battaglia delle date, l’impression­e è che mentre il sistema perde i pezzi, i dirigenti del nostro calcio pensino solo a riconquist­are le rendite di potere perdute. Fabbricini non ne può più, è stanco di fare il vaso di coccio.

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Un Barcellona B-Real Madrid Castilla: in Spagna le seconde squadre sono una realtà già da molti anni

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