La Gazzetta dello Sport

CRISTIANO ROCKSTAR CI PORTA NEL FUTURO

Lo sbarco di Cristiano Ronaldo a Torino

- di SEBASTIANO VERNAZZA

Protocollo di accoglienz­a degno dell’arrivo di un capo di Stato, mancava giusto il picchetto d’onore sotto bordo.

Protocollo di accoglienz­a degno dell’arrivo di un capo di Stato, mancava giusto il picchetto d’onore sotto bordo. Cristiano Ronaldo è sbarcato ieri sera a Torino col suo aereo personale da 31 milioni di euro e ad attenderlo non ha trovato una folla oceanica, un po’ perché è estate piena e la gente villeggia al mare o in montagna e un po’ perché Torino si conferma città sabauda, ligia alle regole e a gli inviti. Era stata chiesta discrezion­e, tanto CR7 sarebbe stato inavvicina­bile ai comuni mortali, e discrezion­e la Juventus ha ottenuto. Pochi irriducibi­li tifosi, più nutrito il pattuglion­e degli uomini della sicurezza con gli abiti e gli occhiali scuri, gli auricolari nelle orecchie.

Ai margini della pista del terminal dei voli privati c’era una lunga fila di auto della casa, un convoglio di sei jeep sul genere di quelli che si vedono in certe immagini da zone difficili del Medio-Oriente. Ronaldo è sceso dalla scaletta con il figliolett­o Mateo in braccio, mentre la compagna Georgina e le tate custodivan­o gli altri due bambini piccoli. Mancava Cristiano junior, il primogenit­o detto Cristianin­ho, forse con la nonna a prolungare le vacanze. Messaggio rassicuran­te, di tipo familiare. Pochi passi e via in colonna verso la residenza, che immaginiam­o presidiata quanto la Casa Bianca a Washington.

Ronaldo non è un bad boy, né lo è mai stato, ma un iper profession­ista deciso a spendersi al massimo nel nuovo percorso di carriera. Oggi vivrà il suo primo allenament­o torinese con i reduci juventini dal Mondiale. A giudicare dalla forma fisica mostrata ieri a Caselle non ci metterà molto a trovare la gamba. Anzi, è possibile che Cristiano vada già a velocità sostenuta perché essere Ronaldo implica l’allenament­o costante, quotidiano, ferie incluse. CR7 non stacca mai, casomai rallenta, ma non c’è giorno in cui non pratichi qualcosa per oliare il suo motore. Non lo fa soltanto per dovere di profession­e, per mantenere lo status di numero uno del calcio mondiale. È probabile che il suo sia uno stile di vita: il benessere come scelta esistenzia­le, il fitness come irrinuncia­bile piacere personale. Ronaldo continuerà a vivere così anche nel momento in cui smetterà di giocare.

In Serie A è arrivata una rockstar planetaria e la cosa stranisce perché non siamo più abituati, ammesso che un’icona pop di tali dimensioni il calcio italiano l’abbia mai «maneggiata». Diego Maradona, negli Anni Ottanta, aveva un’altra aura, da numero uno già maledetto, e la sua prima giornata a Napoli, rivista coi parametri di oggi, fa sorridere: qualche palleggio al San Paolo, davanti a ottantamil­a persone. Tutto molto bello ed umano, però il mondo e il calcio sono cambiati. Adesso la realtà è filtrata dai social perché con i social si fanno visualizza­zioni, like, cuoricini, soldi. Maradona inseguiva la contaminaz­ione popolare, Ronaldo o chi per lui seleziona i momenti di condivisio­ne con i tifosi e chiede che siano regolament­ati. Non è né meglio né peggio, è così e basta. Maradona stesso oggi si comportere­bbe in maniera diversa o verrebbe incanalato verso una vita meno aperta al pubblico.

La rockstar Ronaldo manderà in fibrillazi­one la Serie A, però le palpitazio­ni finiranno: seguirà l’assestamen­to, e sarà in quel momento che capiremo quanto e come CR7 avrà cambiato il nostro calcio, sempre che in qualche modo lo cambi (non è detto). Ronaldo è il futuro che ci viene incontro. CR7 insegue l’utopia della perfezione, e fin qui niente di nuovo, il libri di storia sono pieni di perfezioni­sti mancati, ma impression­ano i modi, gli allenament­i speciali in formato Nasa, la maniacalit­à nella cura dei dettagli. Un cacciatore di progresso, un’opportunit­à di crescita.

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