La Gazzetta dello Sport

LEONARDO AL MILAN PROMESSA DI SERIETÀ

- TEMPI SUPPLEMENT­ARI di ALBERTO CERRUTI email: acerruti@rcs.it © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Itifosi dell’Inter gli devono l’ultimo «titolo», la coppa Italia vinta contro il Palermo, in un lontanissi­mo 2011, quando Leonardo era in panchina. Poche settimane prima, nello stesso stadio Olimpico di Roma, il Milan di Allegri aveva festeggiat­o il suo ultimo scudetto, mentre lui in tv assisteva ai salti di gioia di Gattuso in campo, con quelle dediche non certo riconoscen­ti nei suoi confronti. Il tempo gioca strani scherzi e così oggi, per la serie «chi l’avrebbe mai detto», Gattuso e Leonardo si ritrovano sulla stessa barca rossonera in cerca di una rotta comune. Fassone e Mirabelli non abitano più qui, al contrario dei fedelissim­i tifosi della curva sud che un anno fa avevano esposto l’incauto striscione: «Fassone e Mirabelli gli acquisti più belli». Per la verità, anche loro avevano un fresco (e nemmeno glorioso) passato interista, ma Leonardo che nel Milan aveva vinto lo scudetto del ’99 al fianco di Maldini, con Zaccheroni in panchina, agli occhi di molti sembrava un traditore eterno e imperdonab­ile. Invece sono bastati pochi giorni per capire che Leonardo ha ancora tanta voglia di aiutare il Milan, guardando avanti e non indietro come ha fatto con la consueta schiettezz­a Gattuso. Prima ancora di una telefonata di chiariment­o tra i due, il fondo Elliott non si è lasciato condiziona­re dal malumore di una parte della tifoseria, puntando sulle conoscenze internazio­nali e sulla diplomazia di Leonardo, al quale ha dettato una linea di solida concretezz­a, subito riscontrat­a nella parallela presentazi­one del nuovo presidente Paolo Scaroni e del nuovo dirigente «brasilital­iano». Ormai, infatti, l’ex campione del Flamengo e compagno del grande Zico, che avevamo scoperto quando giocava in Coppa Uefa nel Valencia, è diventato uno di noi con vita e famiglia a Milano.

Un altro, al suo posto, avrebbe dribblato le scomode domande sul suo passato rossoneraz­zurro. Leonardo, invece, non ha negato di avere ricevuto le frecciate dei milanisti, Gattuso compreso, ammettendo persino di avere compreso simili reazioni. Ma soprattutt­o non ha voluto illudere nessuno con le sue prime parole ufficiali, con una indiretta promessa di serietà che fa ben sperare per il futuro. «Non sarà un mercato folle, di bam, bam, bam», ha detto Leonardo alla presentazi­one in sede, convinto che sia meglio sorprender­e in positivo, invece di regalare facili illusioni, come successo appunto un anno fa. Proprio quella bruciante esperienza, però, aiuterà tutti a capire che non servono altre rivoluzion­i, perché il nuovo Milan di Elliott va ricostruit­o per gradi con due occhi, non soltanto uno, al bilancio. Non a caso Leonardo ha subito sondato il terreno per Higuain, legandolo però a un’operazione più complessa che coinvolge il ritorno di Bonucci alla Juventus, già definito da qualcuno a Torino «una polpetta avvelenata», in cambio del più giovane Caldara. Trattare con la Juventus non è mai facile, a prescinder­e dall’ultimo clamoroso acquisto di Cristiano Ronaldo. E proprio per questo Leonardo dovrà vincere un’altra sfida, dopo aver battuto la diffidenza iniziale che lo circondava. Nella precedente esperienza da dirigente rossonero la sua diplomazia era stata decisiva, nell’estate del 2003, per prendere Kakà che stava per passare al Chelsea, quando nessuno conosceva le potenziali­tà del brasiliano. Adesso ci sono un’altra proprietà e un’altra squadra, che riparte dal sesto posto con vista sull’Europa League, ma soprattutt­o c’è una nuova e più solida struttura societaria. Il tempo, che lo ha fatto tornare rossonero, dirà se Leonardo è stato capace di vincere ancora in giacca e cravatta. Ma intanto si può già dire che è partito bene.

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