La Gazzetta dello Sport

Giovinazzi fa il tempone: «Giornata perfetta»

●All’Hungarorin­g il ferrarista con le hyper soft mezzo secondo meglio del record di Vettel: «La macchina è migliorata tanto»

- INVIATO A BUDAPEST m.sal.

Ha un solo modo, Antonio Giovinazzi, per urlare a tutti che se la meriterebb­e una chance in Formula 1 dopo un anno e mezzo di lista d’attesa. E il modo è questo qui: è il tempone che ha staccato ieri nei test all’Hungarorin­g. Sulla Ferrari che è tornato ad avere a disposizio­ne ha fatto mettere il 99, il numero con cui vinse il Tricolore nei kart 60 (nel 2006). E ci ha sparato quella che lui stesso ha definito «la giornata perfetta». Una lunga sessione in cui gli altri praticamen­te non l’hanno nemmeno visto, culminata con quell’1’15”648 che ha fatto strabuzzar­e gli occhi.

CHE TEMPO In termini assoluti è il record della pista, di certo nessuno aveva mai girato sotto l’1’16” all’Hungarorin­g. Record però ufficioso, va specificat­o, perché si trattava di test, quindi senza le garanzie del parco chiuso. Così come va detto che lo ha ottenuto con le gomme hyper soft, quindi con una mescola ancora più performant­e di quella (ultra) a disposizio­ne dei titolari lo scorso fine settimana. Detto tutto questo: Antonio è stato di mezzo secondo (0.522) più veloce del miglior tempo mai registrato qui, quello di Sebastian Vettel nelle FP3 di venerdì scorso. E di 2”507 meglio del secondo di ieri, Marcus Ericsson, anche lui con le hyper. Gli altri, con mescole più dure, tutti oltre i 3”5. Impression­ante. Tanto più che Giovinazzi è andato fortissimo anche con le altre gomme: 1’17”807 con le medie usate, 1’16”887 con le soft. Performanc­e che gli sarebbero state sufficient­i per essere il migliore di giornata. «È sempre bellissimo tornare su una rossa – ha detto alla fine, sorridenti­ssimo – mi sono veramente divertito. E’ stata una grande giornata, in cui sono riuscito a provare e a raccoglier­e tutto quello di cui c’è bisogno per la squadra (ha fatto 96 giri, ndr). Poi nel pomeriggio sono entrato in modalità qualifica: con le hyper c’era davvero tanto grip». Circa il messaggio sul futuro, ribadito adesso che non c’è più Sergio Marchionne, suo grande estimatore a cui tanto sarebbe piaciuto vedere un italiano in Ferrari, Antonio ovviamente glissa. «L’obiettivo era fare bene, confermare che so andare in macchina, alla fine non devo dimostrare niente». È più importante l’auspicio che ha ricavato tornando sulla SF71H dopo tanto tempo. «È incredibil­e come è migliorata dai test di Barcellona. Davvero la squadra e la macchina si meritano tanto».

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LAPRESSE Antonio Giovinazzi, 24

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