L’ORO DEL QUARTETTO E IL FATTORE ELIA
Ciclo: l’Europeo dell’inseguimento a squadre
Chi ama la pista ieri sera si è commosso. Agli Europei di Glasgow i trenini azzurri dell’inseguimento hanno conquistato un oro (maschile) e un argento (femminile). Chi ama e frequenta la pista sa che il quartetto dell’inseguimento è la faccia stessa di un movimento. Se una Nazionale sta bene, il suo quartetto vola come il vento, quando perde i pezzi anche i trenini deragliano o arrivano in ritardo.
E allora godiamoci questa medaglia d’oro che ci mancava da oltre 20 anni, dai Mondiali di Manchester 1996 e Perth 1997. In Inghilterra Collinelli, Capelli, Citton e Trentini, guidati da Sandro Callari, vendicarono l’Olimpiade di Atlanta vincendo il titolo iridato con il record del mondo (4’00”958). E l’anno dopo gli azzurri rivinsero in Australia con Benetton al posto di Trentini.
Questo è l’oro di Elia Viviani, campione di straordinaria generosità atletica. L’olimpionico di Rio (nell’omnium) è ormai stabilmente uno dei più grandi sprinter delle gare su strada. Secondo alla GandWevelgem, battuto da un certo Peter Sagan, Viviani si è divorato 4 tappe e la maglia ciclamino al Giro d’Italia. Guadagna tanto e il futuro delle volate gli sorride: Elia avrebbe potuto salutare gli amici della pista per rivederli, semmai, prima dei Giochi di Tokyo 2020. E invece il richiamo della foresta lo ha riportato nei velodromi. Anche se Montichiari, il nostro unico anello di 250 metri, è chiuso. Anche se la Nazionale, per allenarsi, ha dovuto rispolverare il legno del leggendario Vigorelli. Con un Giro d’Italia nelle gambe, Elia ha dovuto adattarsi ai rapporti più «corti» e ai ritmi parossistici di quello sforzo che «uccide»: 4 chilometri a oltre 60 all’ora, curva dopo curva...
Nei programmi della vigilia, Viviani avrebbe dovuto aiutare il gruppo a qualificarsi con un gran tempo per puntare poi alle «sue» gare individuali. Ma il miglior tempo di qualifica ha convinto Elia a non lasciare il gruppo. In semifinale ha battuto i leggendari britannici, quelli che hanno fatto vendemmia di Olimpiadi e Mondiali, e ha voluto esserci anche in finale. Per vincere.
Viviani, che non finiremo mai di ringraziare, è stato decisivo perché ha visione e sa far gruppo. Ma tutti sanno che il trenino dell’inseguimento può anche avere un leader, ma non vince se non è squadra. E in quell’oro c’è tanto di Filippo Ganna (le sue progressioni negli ultimi suoi giri fanno la differenza), ma c’è anche la qualità di Francesco Lamon (mago delle partenze), di Liam Bertazzo e di Michele Scartezzini, che ha preso il posto di Bertazzo in finale.
E un grande applauso va anche alle azzurre Letizia Paternoster, Elisa Balsamo, Marta Cavalli e Silvia Valsecchi che hanno tenuto testa alle marziane della Gran Bretagna fino all’ultimo chilometro. Il loro argento è una promessa.
Chi ama la pista ieri sera si è commosso e idealmente è sceso nella zeriba per abbracciare Marco Villa e Dino Salvoldi, due c.t. speciali. Hanno competenza e cuore, idee e grinta... Se Viviani è lì a Glasgow, se gli azzurri se la giocano con chiunque al mondo, è perché Marco e Dino ci credono. Ci hanno sempre creduto.