MODELLO JUVE LA NUOVA VIA PER CRESCERE IL TALENTO
Diciamoci la verità: l’introduzione delle seconde squadre, giustamente invocate da anni come uno strumento per non disperdere il talento nel passaggio al professionismo, si è infine materializzata nel peggior modo possibile. Tempi troppo stretti, mancata condivisione, insomma una gestazione non proprio brillante da parte della Figc, a cui va quantomeno ascritto il merito di aver rotto gli indugi. Perché una cosa è certa: far crescere i giovani in un contesto competitivo, con la possibilità di essere seguiti da uno staff altamente qualificato e di respirare il clima della prima squadra di Serie A, è un esperimento che val la pena di tentare, visto che l’attuale sistema piramidale non funziona. Non è un caso se, tra incomprensioni e rinunce, l’unica adesione sia arrivata dalla Juventus. Non solo la più fiera sostenitrice dell’iniziativa ma anche l’azienda calcistica più strutturata ed evoluta del Paese. Con un occhio all’espansione globale (leggi Ronaldo) e un altro al controllo sempre più massiccio del territorio e dei suoi giovani prospetti. La Juve ha dimostrato in questi anni di saper monetizzare la valorizzazione dei talenti (Caldara ultimo esempio) e ora ha l’opportunità di crescerli in casa, in una filiera produttiva più articolata. La speranza, per il bene del sistema, è che il progetto si riveli efficace al punto da sterilizzare le polemiche di parte.