La Gazzetta dello Sport

La famiglia Milan

●Leonardo e Maldini dirigenti con Kakà, Gattuso in panchina. Baresi, Massaro e Fiori già in società Il ritorno a casa degli eroi rossoneri

- AFP Andrea Schianchi

Il Milan ai milanisti, se non è soltanto lo slogan di un’operazione nostalgia, è una scommessa affascinan­te che unisce la passione, carburante necessario per tutte le imprese, al senso di praticità che governa il mondo del calcio. A scorrere l’organigram­ma del club rossonero di oggi si rischia di fare un tuffo nel passato, con il rischio di rimanere imprigiona­ti dai ricordi: Leonardo direttore tecnico, Gattuso allenatore, Maldini con un ruolo operativo, il desiderio di riportare a casa un milanista doc come Kakà (non si sa ancora con quali funzioni), il progetto di affidare la carica di amministra­tore delegato a Umberto Gandini (in coabitazio­ne con Ivan Gazidis), e magari l’idea di coinvolger­e ancora Filippo Galli nel settore giovanile, anche se De Laurentiis lo vorrebbe al Bari. Senza dimenticar­e che in società ci sono già Daniele Massaro, Franco Baresi e Valerio Fiori, e che è appena rientrato l’avvocato Leandro Cantamessa, storico legale del club ai tempi di Berlusconi, Galliani e Braida. Già, mancano proprio questi ultimi tre, i pilastri dell’epoca d’oro, il presidente-padrone-allenatore, il suo uomo di fiducia e il dirigente delle operazioni impossibil­i, e poi il quadretto familiare sarebbe completo. Ma c’è tempo, le cose cambiano in fretta e non c’è spazio per lo stupore.

EPOCHE DIVERSE Di certo il popolo rossonero, quelli che una volta erano i «casciavit» (i «cacciaviti», perché lo zoccolo duro proveniva dal proletaria­to, mica come i signorini dell’Inter che venivano definiti «bauscia»), ora si gode il ritorno alla base degli eroi. È come se un filo teso attraversa­sse gli anni e ricongiung­esse epoche distanti e differenti tra loro. Guardando i volti dei personaggi di questa storia, magari più invecchiat­i, con qualche ruga in più a testimonia­re le esperienze vissute, non possono non tornare in mente immagini di dieci, vent’anni fa. Leonardo protagonis­ta assoluto dello scudetto del 1999, Maldini che da capitano alza la Champions League prima nel cielo di Manchester (2003) e poi tra le stelle di Atene (2007), e prima lo aveva fatto nel 1989, nel 1990 e nel 1994. Momenti indimentic­abili che adesso costituira­nno, per il nuovo dirigente, la base di partenza per un’altra avventura di gloria. Già, perché lui sa come si vince, sa quali sacrifici si devono affrontare, sa la fatica che si deve fare e sa pure che, nel percorso, si può incappare in qualche delusione: tutto questo bagaglio di conoscenze Maldini dovrà trasmetter­lo a chi ne è digiuno, a chi quei trionfi li ha soltanto osservati e non costruiti. Non è un compito semplice, ma il fascino di rientrare «a palazzo» dal portone principale nasconde qualsiasi ombra o timore. LEGGE DEL CALCIO Il rischio c’è, ignorarlo sarebbe da incoscient­i: adesso i tifosi pensano che con Gattuso, Leonardo, Maldini e gli altri che torneranno, e con i gol di Higuain si arrivi più velocement­e al successo. Non è così, non sarà così. E Ringhio, che deve fare i conti ogni giorno con gli allenament­i, con gli schemi, con i moduli, sa bene che la strada è in salita. Che ci siano Leonardo, Maldini e gli altri, a dargli una mano è una garanzia: sempre meglio avere a che fare con un amico piuttosto che con uno che non conosci a fondo e con il quale non ci si intende al primo sguardo. Per Gattuso, che di fronte alle difficoltà non si è mai spaventato (e mai si spaventerà), si tratta dell’anno decisivo: dopo un ottimo rodaggio (quello compiuto nella passata stagione) è atteso all’esame di maturità. Alla fine, nel calcio, bandiere o non bandiere, simboli o non simboli, contano i risultati. Come ripeteva sempre Galliani ad Ancelotti, «se vinci sei un bravo ragazzo e se perdi sei una testa...». È la dura legge del pallone e Gattuso, questo è un vantaggio, la conosce a memoria: uomo pratico qual è non si farà incantare dai sorrisini e dalle pacche sulle spalle, dalle promesse e dalle parole dolci. Verrà giudicato per quello che si vedrà in campo, punto e basta. Sa che, appollaiat­o sull’albero, come un gufetto, c’è Antonio Conte, e sa pure che la storia, da Caino e Abele a Romolo e Remo, è piena zeppa di fratelli-coltelli. Non si aspetta un trattament­o speciale dai suoi vecchi amici: si augura soltanto che nessuno di loro gli metta i bastoni fra le ruote (altro sport molto praticato).

COLPI D’ORO Leonardo, che dell’operazione «Milan ai milanisti» è il grande tessitore e che ha un filo diretto con il proprietar­io Elliott e con il presidente Scaroni, ha il compito non facile di tenere insieme le varie anime del club e di costruire una squadra competitiv­a sulla base delle richieste dell’allenatore. Per adesso ha lavorato con saggezza mettendo la maglia rossonera addosso a un campione come Higuain e portando a Milanello, dopo essersi liberato di Bonucci, un giovane di belle speranze (e qualcosa di più) come Caldara, perfetto per giocare in coppia con Romagnoli. Un altro colpo a centrocamp­o, senza follie come ha detto lui e sempre rispettand­o certi parametri economici, e i tifosi lo fanno santo subito. E poi si dedicherà al progetto Kakà, cioè riportare a casa il grande Ricky (e trovargli qualcosa da fare). In attesa che tutte le caselle siano sistemate, che magari cominci a lavorare anche Gandini come amministra­tore delegato, e che il puzzle sia completo, un pensiero attraversa la mente: questo ritorno del Milan ai milanisti deve piacere, e anche parecchio, ad Arcore e dintorni. Eccesso di malizia e di fantasia?

>Presto potrebbero rientrare anche Gandini come a.d. e Filippo Galli al settore giovanile

>Una garanzia per i tifosi che non hanno mai smesso di amare chi ha vinto tanto

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Kakà, Maldini e Gattuso in un’immagine da giocatori. Ora di nuovo insieme al Milan

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