Nicola «RIPARTO SOLO DALLA SERIE A BASTA TIKI TAKA FRANCIA DOCET»
Uno può pensare: i tecnici senza squadra passano le giornate incollati al telefonino, aspettando la chiamata giusta. Gli altri forse sì, Davide Nicola di sicuro no. Per tre giorni lo cerchiamo invano, ma niente: cellulare spento e su WhatsApp messaggi non letti. Il sospetto che abbia cambiato numero diventa forte, poi all’improvviso ricompare: «Sono in vacanza con la famiglia. Ok per l’intervista, ci sentiamo presto». Promessa mantenuta.
Nicola, tanto tempo libero aiuta a rigenerarsi?
«Quale tempo libero? Voglio farmi trovare prontissimo quando ritornerò e questo comporta un lavoro continuo».
Ci faccia capire...
«Non stacco mai, l’aspetto più importante da curare è quello mentale, l’abitudine alla fatica, alle pressioni. In questo mi aiuta fare tanto sport, bici in primis. E poi c’è la gestione della Vicus, la società di ragazzi che ho contribuito a creare a Vigone, dove vivo. Mia moglie è la presidente, quando posso sono sempre lì».
In questo periodo è la sua squadra a tutti gli effetti, quindi?
«Esatto, abbiamo tutte le formazioni del settore giovanile: dai Pulcini agli Juniores. E’ un bellissimo impegno, magari in un futuro lontano potrebbe essere quello di tutti i giorni».
Da quello vicino cosa si aspetta?
«Chiaramente manca l’adrenalina del campo. Continuo ad aggiornarmi, non mi perdo una gara, prendo appunti, sviluppo idee di gioco, ma è chiaro: tutto resta virtuale».
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Lei una squadra l’aveva, il Crotone: salvezza incredibile in A, poi le dimissioni. E ora?
«Aspetto senza farmi prendere dall’ansia, il progetto mi deve convincere. Altrimenti meglio passare la mano. C’è il rischio di una scelta sbagliata quando si è nella mia condizione, ma se volevo ricominciare avrei potuto già farlo. E invece...».
E invece?
«Ho avuto dei colloqui con club di A (Cagliari e Chievo, ndr), ma non si sono concretizzati».
E se una società di B le fa un’offerta importante?
«Dico no, perché mi sono posto un obiettivo: ripartire da dove ho lasciato. E quindi in A. Non credo sia presunzione».
Un’esperienza all’estero è contemplata in questo schema?
«Accetterei se ci fossero le condizioni per fare un buon percorso. Una nazionale? No, preferisco il lavoro quotidiano».
A proposito: cosa ci dice del Mondiale?
«Bello, ha confermato una tendenza già vista in Europa: vince chi ha un’ottima organizzazione, equilibrio e capacità di ribaltare l’azione con grande velocità. La Francia, pur avendo giocatori di qualità eccelsa, è la dimostrazione perfetta».
Si potrebbe dire un ritorno di «catenaccio e contropiede»?
«No, quello è calcio antico e lo ha praticato la Svezia, che qualcuno voleva riabilitare e con lei l’Italia eliminata dal Mondiale. La Francia è innovazione tattica, nulla è fuori posto. Per anni abbiamo inseguito come modello un’idea di gioco basata sul possesso palla perché fuorviati dal Barcellona. Ma la Spagna, per
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