Braidot contento ma solo in parte «Pensavo all’oro Poi i crampi...»
●Il goriziano Luca, gemello di Daniele (17°), è secondo: «Peccato, non è il massimo»
«Argento? Sì, ma non è il massimo». Luca Braidot ha appena ottenuto il miglior risultato individuale in carriera (con la staffetta era stato campione del mondo nel 2012) eppure non è del tutto contento. Lo si è capito subito, a caldo, visto che l’azzurro ha tagliato il traguardo della prova di cross country contrariato, scuotendo la testa.
CONFERME
Dalle prime battute della gara si ha la conferma di quanto ci si attendeva. La Svizzera domina, impone il ritmo che fraziona il gruppo. A metà corsa al comando rimane un terzetto, con Braidot nella morsa di Forster e Rohrbach, che però poco dopo cede. Luca passa anche in testa, ma nel corso dell’ultimo giro si capisce che Lars Forster ha un altro passo. Lo svizzero se ne va a prendere l’oro in solitudine, Braidot è secondo con lo spagnolo David Valero in forte rimonta che conquista il bronzo. «Io a un certo punto credevo nell’oro — prosegue Braidot mentre in auto con il c.t. Mirko Celestino sta andando in aeroporto per prendere un volo che lo porterà in Canada, dove domenica sarà impegnato in Coppa del mondo —. Solo che durante l’ultimo giro mi sono venuti i crampi. Speravo che Forster non se ne accorgesse in modo da potere arrivare in volata. Invece ha capito tutto, ha forzato il ritmo e se ne è andato. Peccato».
CASO
Braidot è goriziano di Mossa, paesino di circa 1500 anime con ben sedici associazioni. In bici, ovviamente in mountain bike, ci è salito quasi per caso a tredici anni assieme al fratello gemello Daniele, anche lui in gara ieri (ha chiuso 17°). «Al mio paese avevano organizzato una pedalata non competitiva e noi ci siamo andati — spiega Luca —. Giocavo a calcio, difensore centrale. Però la mtb mi è piaciuta subito, più divertente. Non sono più sceso». Per lui il ciclismo è solo sui sentieri, mountain bike e ciclocross. Al limite strade di campagne, sterrate, bianche. Luca sorride: «Su strada, tra i dilettanti, avrò fatto una decina di corse. Però ho corso le Strade Bianche con la Nazionale. Un’esperienza indimenticabile».
SOGNO OLIMPICO Indimenticabile è stata anche l’esperienza ai Giochi di Rio 2016, dove Luca ha chiuso al settimo posto. «In quei giorni mi sono innamorato dell’Olimpiade. Il mio sogno è vincere una medaglia a Tokyo». Per arrivarci, 15-20 ore di allenamento a settimana e dedizione totale. In inverno, per sfuggire al gelo, va in Sicilia dove spesso si allena con il pro’ Damiano Caruso. Non avendo grandi team alle spalle, lo stipendio arriva dai gruppi sportivi militari. «So- no entrato nella Forestale che non avevo ancora finito la scuola (Itis a indirizzo meccanico, ndr), avevo 18 anni. Poi siamo diventati Carabinieri». I suoi esempi, più che idoli, non possono che essere legati al fuoristrada: «Ho sempre ammirato Marco Bui e Marco Aurelio Fontana, con cui adesso ho pure la fortuna di correre assieme». E il fuoristrada è anche il suo passatempo. Però in moto. «Mio papà correva con la moto da cross, faceva regolarità. Così anch’io quando ho tempo libero, soprattutto in inverno, ci vado. Mi serve, con la palestra, anche come allenamento». Avendo un fratello più piccolo, Stefano... che sport potrebbe fare? «Enduro in bici. Lui lavora, lo fa per passione. Però è uno dei più forti del Triveneto».