La Gazzetta dello Sport

LÁSZLÓ BÖLÖNI EX TECNICO SPORTING

«Agnellino, in campo diventava gladiatore L’ho fatto esordire subito: era già speciale»

- Filippo Conticello © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

A László Bölöni, 65enne santone rumeno della panchina, piace stare nella storia. Una volta sfidò l’Italia Mundial e segnò a Zoff: nell’83 a Bucarest festeggiar­ono come a Natale. Ha vinto una Champions con la Steaua, ma il capolavoro è da allenatore: allo Sporting fece esordire un 17enne in un preliminar­e di Champions 2002-03. Ha scritto lui la prima pagina della leggenda di Ronaldo.

Bölöni, cosa pensò quando

● vide CR7 bambino?

«Era una amichevole dell’U16 contro l’U18 dello Sporting: mi bastò un tempo, fu come un’illuminazi­one. Trattava la palla in modo diverso, si muoveva dolcemente, era un vento leggero. “Ma chi è?”, chiesi a uno dello staff. Dopo poche settimane, lo aggregai alla prima squadra: “Tu da qua non ti muovi”, gli dissi».

● Cosa gli ha insegnato?

«Va bene amare la palla, ma allora l’amava un po’ troppo. Però che dribbling! Bisognava convogliar­e la sua genialità su quest’aspetto: allora era un “9”, io l’ho fatto diventare un “7”. Doveva adattarsi alla tattica, fare qualche corsa all’indietro: migliorò subito anche perché capii di poter fare tutto».

Ricorda quando gli disse:

● «Entra in campo...»

«Era contro l’Inter, nello spogliatoi­o sembrava un agnellino: timido, per i fatti

suoi. Appena mise piede in campo si trasformò in gladiatore. Aveva coraggio e fame incredibil­i».

Avrebbe mai pensato allora a

● una carriera così?

«Chiedetelo al mio avvocato portoghese del tempo... Dopo un mese con Ronaldo dissi a dei giornalist­i che quel ragazzo sarebbe diventato più grande di Eusebio e l’avvocato, tifoso del Benfica, mi chiamò per dirmi che ero un pazzo. Ci giocammo una magnum di champagne: la scommessa l’ho stravinta, ma il premio non l’ho mai riscosso perché ci siamo persi di vista».

Come ha vissuto il passaggio

● del suo allievo alla Juve?

«Ho pensato: “E ora come faccio?”. Io sono interista, sono cresciuto nel mito del mago Herrera. Il mio Cristiano, però, è andato dai rivali di sempre. Mi toccherà cambiare squadra italiana. Adesso, alla mia età...».

Cristiano può restare ancora

● a lungo a queste vette?

«Sì, è speciale. Ha qualità sublime, ma mai fine a se stessa: lui lavora perché tutto resti sublime, sia il fisico che la tecnica».

● Siete ancora in contatto?

«No, una volta mi aiutò per una iniziativa benefica in Romania e sono stato invitato al suo primo Pallone d’Oro. Ma se avessi bisogno, so che ci sarebbe sempre per me. Mi piace pensare che nella sua leggenda ci sia, anche solo per l’1%, la mia mano».

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