TAMBERI: «BASTA ALIBI ORA SERVONO MOTIVAZIONI PER VINCERE»
●I 5 consigli: «Accettare l’ansia, voglia di stupire, concedersi strappi, gestire le emozioni e pronti agli imprevisti»
Chi meglio di lui. Chi, meglio di Gianmarco Tamberi, all’indomani di Europei dove l’Italia ha raccolto meno di quanto ci si aspettasse, può offrire qualche suggerimento su come guardare lo stesso al futuro azzurro con un po’ di ottimismo. Gimbo non si mette su un piedistallo, non è borioso, non manca di rispetto ai compagni e all’ambiente. Ma all’attivo, indoor comprese, ha sei rassegne continentali, tre Mondiali e un’Olimpiade e due sole finali mancate. All’Olympiastadion ha solo sfiorato il podio. Ma dopo due anni difficilissimi. Pochi come lui, quando conta, sanno tirar fuori anche quel che non hanno. Con una carica travolgente e gli occhi fuori dalle orbite. E’ questo che, dopo il tanto della prima parte di stagione, è mancato alla Nazionale di Berlino.
Gimbo, l’atletica tricolore può reagire?
«Deve, ma non fatemi fare la parte di chi si erge a maestro. Non è un ruolo che mi appartiene. Non mi compete. Resta che nel gruppo c’è un sacco di potenziale, ci sono valori chiari e tanti giovani in crescita. Occorrono però soluzioni per non ritrovarci con magri bottini».
A chi si rivolge?
«A nessuno in particolare. Semmai, in modo generale e maturate certe esperienze, posso raccontare come vivo io certi momenti e come mi comporto per non sbagliare quando conta».
Faccia un’eccezione: cosa pensa di Filippo Tortu, anche suo compagno alle Fiamme Gialle?
«La stagione di Pippo è stata importante per tutto il movimento, basti pensare al seguito mediatico riscosso. L’amaro in bocca per il 5° posto sui 100 va interpretato come un passaggio per la sua crescita. Il livello della gara è stato altissimo e finire un anno così con una piccola delusione lo farà tornare in pista con ancor maggior fame».
Più in generale, da cosa cominciare?
«Prima, piccole premesse: al grande appuntamento si arriva al top della condizione, se no il discorso cade. Non si può esserlo in anticipo, con l’obiettivo della convocazione. Poi le motivazioni: nessuno sta in Nazionale senza averne di altissime. Infine, basta alibi».
A cosa allude?
«A età ed esperienza. Non contano. Guardate Duplantis: ha vinto una gara di asta pazzesca, saltando 6.05 a 18 anni, battendo un rivale a sua volta oltre i 6.00 e un certo Lavillenie, pur spintosi a 5.95. C’è poi Jakob Ingebrigtsen con la doppietta 1500-5000 a 17 anni. Quando ne avevo 20 mi dicevano “sei giovane, devi aver pazienza”. Intanto Kirani James, mio coetaneo, vinceva l’oro olimpico dei 400».
Cosa prevede il suo decalogo?
«Cinque suggerimenti».
Uno.
«Accettare l’ansia pre-grande gara. Va riconosciuta, non negata. Anzi, va comunicata. Alla vigilia serve a poco dire “sono carico”. Se ti prepari un anno intero, aver “paura” è normale. Se la gestisci, sai domarla. Se no può prendere il sopravvento».
Due.
«Aver voglia di stupire e non il timore di deludere, di fallire. E’ cosa molto mia: se si pensa che valgo 2.30, io punto a 2.33. Spesso finisco deluso, ma avendo dato più del 100%».
Tre.
«So che per il 95% di noi è così, ma puntualizziamo. Le proprie abitudini di vita, nella settimana pre appuntamento clou o a un raduno, non vanno sconvolte. Per esempio, sonno e dieta. Katerina Stefanidi, la saltatrice con l’asta greca campionessa di tutto, dorme dalle 3-4 di notte alle 12-13. Fa colazione e pranzo insieme. Idem con l’alimentazione: io, da 4 anni, seguo con rigore un mio schema, ma è proprio sotto gara che, per liberare la testa, mi concedo piccoli strappi».
Quattro.
«Gestire le emozioni. Senza farsi prendere da quel che ti circonda. Ognuno a modo suo: ho corso i 10.000 insieme a Crippa, soffrendo con lui. Poi ho capito che per me sarebbe stato meglio rimanere più distaccato. E allora mi sono isolato. Per evitare di venir
consumato, spolpato».
Cinque.
«Essere pronti agli imprevisti. Non credere che la gara sarà perfetta, soprattutto quando stai bene. Mi spiace da morire quel che è successo ad Elena Vallortigara e la cito solo per l’ammirazione che ho per lei. Ma credo che, dopo otto anni di assenza dalla Nazionale, sia rimasta scottata proprio dalla mancanza di un vissuto. Sarebbe successo a molti».