La Gazzetta dello Sport

«Martinez come Aguero: gioca ovunque, fa la differenza»

●L’allenatore che ha lanciato il Toro racconta: «Soffriva di nostalgia ma con i gol ha conquistat­o il Racing»

- Valerio Clari

Fra qualche anno magari sarà diverso, nominerà il primo che gli ha fatto vincere un trofeo, o il c.t. che lo ha convocato per un grande torneo. Per ora, però, quando chiedete a Lautaro Martinez l’allenatore più importante della sua carriera senza dubbi risponde «Manuel Fernandez». Trentaquat­tro anni, una carriera da giocatore interrotta a 25 per un infortunio al ginocchio, Fernandez è stato il tecnico del Toro nelle giovanili del Racing. Oggi, dopo una parentesi al Defensa y Justicia, aspetta una nuova panchina di Primera. E si gode il suo «allievo» all’Inter. «Al Racing è arrivato a 17 anni. Una stranezza. In Argentina quelli forti, da prima squadra, di solito sono in una grande sin da piccolini. Lui nel 2014 giocava ancora nel Liniers di Bahia Blanca. Arrivava tardi, ma ha fatto tutto di fretta: due anni dopo era titolare coi grandi, poi l’Europa».

Sviluppo tardivo o c’è qualche altro motivo?

«Aveva fatto prima un provino al Boca, in cui diceva che lo avevano trattato male. Poi uno al San Lorenzo che aveva deciso di non tesserarlo. Ed era molto legato alla famiglia. Faceva fatica a lasciare il nido».

Al Racing è andata meglio.

«In realtà all’inizio ha avuto problemi anche da noi. Nei primi tempi voleva tornare a casa. Dopo una settimana che era con noi partivamo per un torneo a Mar del Plata. Lui non sarebbe dovuto venire, era arrivato da poco ma si infortunò Brian Mansilla, che oggi è il centravant­i del Racing. Così venne Lautaro: in quelle 5-6 partite del torneo segnò 12 o 13 reti. I compagni lo soprannomi­narono lì «El Toro» e da allora si preoccupar­ono tutti che stesse bene, che non avesse nostalgia. Avevano capito che li avrebbe fatti vincere».

HA BRUCIATO LE TAPPE: HA FATTO IL PIENO DI FAME E SI VUOLE SAZIARE

MANUEL FERNANDEZ

La facilità di far gol era la caratteris­tica che colpiva di più?

SU LAUTARO MARTINEZ

«Non la principale. Io notai subito che sapeva giocare il pallone con entrambi i piedi: in una situazione di difficoltà poteva uscire sia da destra che da sinistra. E che quando si spostava da centravant­i a una posizione da numero 10 sapeva gestire la palla e non la perdeva mai».

Una cosa che si è vista anche all’Inter. Qual è il suo ruolo vero?

«Può fare tutti i ruoli d’attacco: da esterno ha velocità e salta l’uomo, in area vanta quell’olfatto speciale per il gol. Da 10 ha difesa della palla e capacità di gestirla. Ha mille varianti».

A chi somiglia?

«Dico Aguero perché anche il Kun può stare in area o uscire fuori. Non ho dubbi che possa arrivare ai suoi livelli».

Fuori dal campo com’è?

«In tre anni ha fatto i “salti” che di solito si fanno in dieci. Il rischio di confondert­i è alto, quello di perdere la direzione è reale. Invece in lui di pari passo col livello e la fama aumentano l’umiltà e la concentraz­ione. E’ come se avesse fatto un pieno di fame a casa sua che adesso vuole saziare in fretta».

Vi sentite? Cosa dice dell’Inter?

«Parlo con lui spesso, è contento, si trova bene. Uno dei motivi per cui ha scelto l’Inter è per avere più minuti che altrove. Vuole giocare sempre, per adattarsi e crescere».

 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy