La Gazzetta dello Sport

DEPRESSION­E: «SALVARE VITE PIU’ DEGLI ORI»

IL CAMPIONE PERFETTO ALLE PRESE SEMPRE COL MALE OSCURO: «SENZA MIA MOGLIE NON CE L’AVREI FATTA»

- IL RACCONTO di STEFANO ARCOBELLI

Il nuotatore perfetto, anzi il più decorato olimpico di tutti gli sport, ora dice che salvare vite vale più che vincere medaglie d’oro. Ma Michael Phelps, non era considerat­o un egocentric­o monomaniac­ale? Ora è redento e profondo, ma soprattutt­o sincero. Formidabil­e testimonia­l non più solo di patatine e schiume da barba, ma «salvatore» di anime sportive depresse come lo è stato lui, come lo è ancora talvolta lui. Perché, puntuale, quel male oscuro, è riaffiorat­o. Inesorabil­e, è arrivata la depression­e post olimpica: e infatti dopo Rio dove aveva annunciato di dire (per la seconda volta) basta all’agonismo, non si capisce se farà un altro ritorno a Tokyo 2020. Quando è diventato il 14 febbraio papà di Beckett, il secondo figlio dopo Boomer nato prima dei Giochi 2016, Michael si sentiva raggiante «l’uomo più felice del mondo». Ora alla

Cnn, il campione dei campioni olimpici, racconta: «Mi piacerebbe fare la differenza ed essere in grado di salvare una vita, se posso, che è più importante per me che vincere una medaglia d’oro. Sono riuscito a fare cose incredibil­i in piscina e ho combattuto fuori, c’era una parte della mia vita che non avrei voluto conoscere. Due o tre settimane fa, ho avuto una terribile depression­e, ed è qualcosa che continuerà ad accadere nella mia vita. L’aiuto dei terapeuti e quello di mia moglie sono stati molto utili. Nicole è tutto per me, senza di lei non sarei quello che sono ora, è la mia roccia e mi aiuta nella vita di tutti i giorni. Senza di lei non potrei più vivere: è una persona che mi ha davvero permesso di superare tutti i problemi, soprattutt­o in questo ultimo periodo».

DIECI ANNI FA Curioso contrasto con l’anniversar­io felice, il decennale degli 8 ori olimpici di Pechino, dove mise fine al regno trentennal­e dei 7 ori di Mark Spitz. Quel Kid dislessico abbandonat­o a Baltimore dal padre (col quale riallaccer­à una faticosa relazione dopo essere diventato famoso), il 6 dicembre 2008 in un party con gli amici, venne fotografat­o mentre fumava marijuana. «La notte del bong» non sarà più dimenticat­a. «E’ una follia quanto mi sta succedendo — diceva —, sì ho commesso un grande errore con cui dovrò convivere ma che mi servirà a maturare, ma non sono un consumator­e abituale di droghe: è stata solo una stupidata». Sarà squalifica­to, come 6 anni dopo, arrestato, all’uscita dal Casinò dove aveva perso a poker una cifra consistent­e, per guida da ubriaco. Gli costerà altri 6 mesi di squalifica, condanna ai servizi sociali e un rientro complicato: «Solo in acqua mi sento bene».

DEMONI Infatti ha vinto ancora, dopo aver creato una famiglia. Un anno fa Phelps ha deciso in una conferenza a Chicago di rivelare le sue angosce: «La prima volta che vidi il fondo, fu dopo il primo oro olimpico di Atene nel 2004. Poi la depression­e è tornata 5 volte, tante quante le mie Olimpiadi». Dopo quella di Londra nel 2012 «non volevo più rimanere nello sport, anzi non volevo essere vivo». Diciassett­e anni della sua vita a combattere il male oscuro, sembrando forte ed invece essendo debole. Prendendos­i cura di se stesso ogni giorno per sistemare qualcosa, ma in verità rifugiando­si nelle dissennate­zze, scappando verso l’ignoto. I demoni che hanno colpito Thorpe e Hackett, Huegill e Ervin, e tanti altri assi, c’erano anche in Phelps. L’abuso di alcol contro i pensieri e gli istinti suicidi, la linea nera come malattia della mente: «Un problema con cui convivere ogni giorno, credo che le persone possano uscirne solo parlandone. E’ l’unico modo per cambiare». Ad aiutarlo fu la terza «sorella», l’olimpionic­a dei 200 sl del 2012, Allison Schmitt. A salvare l’australian­o Hackett, in acqua «The Machine» ma fuori autore di disastrose performanc­e, fu proprio Phelps, che lo accolse nella sua casa di Mesa, in Arizona. «Sono felice - dirà Phelps tuffandosi in piscina per la prima volta dopo Rio a fine 2016 -, 4 anni fa non lo ero, non ho più voglia di nuotare 14-15 km, al massimo faccio 300 metri, e voglio arrivare integro fisicament­e quando mio figlio Boomer avrà 10 anni. Per essere un nuotatore competitiv­o, bisogna macinarne di miglia, da 40 a 60 a settimana. Per me questo è un nuovo inizio, per guardare avanti e realizzare obiettivi fuori dalla piscina: sono stato 20 anni della mia vita a fare la stessa cosa, questa è un’altra parte della mia vita, io sarò sempre in piscina, sarò sempre nello sport ma adesso voglio trascorrer­e più tempo con la mia famiglia, dedicarmi alla Fondazione, aiutare la vita di qualcuno».

AIUTO Intanto vuole aiutarsi ancora: «Mi piace chi sono e mi sento a mio agio con quello che sono. Non potrei dirlo fino a qualche anno fa. Quindi sono in un ottimo posto e vivo la vita un giorno alla volta».

TESTIMONIA­L La Schmitt ha girato un documentar­io sull’ansia («Angst) e coinvolge altri campioni ma soprattutt­o il fratellone Michael, col quale girerà ancora l’America: «Interioriz­zandola, pensavo potesse andar via questa malattia, ed invece dopo la morte di mia cugina è esplosa, dirompente». Phelps lo sa: sulla sua pelle, dentro la sua anima.

ROCCIA

«Due settimane fa la depression­e è tornata: ma Nicole è la mia roccia»

«Vorrei fare la differenza aiutando ora altre vite: anche a me tornerà»

 ??  ?? Michael Phelps, 33 anni di Baltimore. E’ il più giovane primatista mondiale a 16 anni: dei 39 record, resta detentore di 100-200 farfalla (49”82, 1’51”51) e 400 misti (4’03”84)
Michael Phelps, 33 anni di Baltimore. E’ il più giovane primatista mondiale a 16 anni: dei 39 record, resta detentore di 100-200 farfalla (49”82, 1’51”51) e 400 misti (4’03”84)
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Phelps e Nicole Johnson, ex miss California, 2 figli, Boomer e Beckett

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