STRADA-PISTA, L’ALTERNANZA UNICA E VINCENTE DI VIVIANI
Ciclismo: continua ad Amburgo il dominio del veronese
Epensare che il profeta Elia ha saputo emozionarsi ancora, a 29 anni, da dominatore della stagione (15 vittorie in 64 giorni di corsa nel 2018), l’uomo che non ha rivali in volata. E’ successo a inizio mese, quando l’olimpionico di Rio 2016 ha preso la bici e ha cominciato a girare sui listelli in legno del velodromo Vigorelli di Milano, là dove si concludevano il Giro d’Italia e il Lombardia, dove Coppi ha centrato il record dell’ora nel 1942 sotto le bombe, dove Maspes e Gaiardoni hanno dato spettacolo, e Moser è cresciuto. Elia Viviani, con il bis nella Classica di Amburgo, diventa il nuovo profeta del ciclismo italiano, nella stagione in cui Nibali ha dipinto il capolavoro della Sanremo e ora guarda al Mondiale, e Aru deve ritrovarsi. Il veronese non è un soltanto un velocista e non è soltanto un formidabile pistard (ha vinto l’oro Europeo nel quartetto). Elia non è potente come Petacchi e non ha un supertreno come Cipollini vent’anni fa. Ma è proprio questa la magia che ha portato al top nelle volate in questa stagione, dove ha trovato una squadra che lo sostiene: Viviani è riuscito a fondere al meglio le caratteristiche da stradista (ha due «piloti» come Morkov, ex pistard, e Sabatini, fedelissimo di Petacchi), con il guizzo felino da pistard. Difficile vedergli fare sprint di testa: piuttosto, Sabatini o Morkov lo portano alla ruota del rivale che Elia sceglie, e poi ci pensa lui, come se fosse la corsa a punti o l’omnium su pista. E non è un caso che questa alternanza vincente tra strada e pista, con le sedute a Montichiari o adesso al Vigorelli, non ce l’abbia nessun altro velocista attuale. Più facile vedere quale sia stata la grande sconfitta stagionale di Viviani: la Gand-Wevelgem. Qui l’ha superato solo un fenomeno assoluto: Peter Sagan.