La Gazzetta dello Sport

Storia dell’arte del calcio, un capitolo a Fuorigrott­a

●●li applausi a Liedholm e Nordahl, la doppietta da zoppo di Vinicio quindi il divino Sivori fino a Diego Maradona, Van Basten e Gullit...

- Andrea Schianchi

Napoli-Milan è una specie di isola del tesoro: ci si trovano pepite che arricchisc­ono lo spirito e meraviglie che, se tirate fuori dalle pieghe della memoria, illuminano ancora il palcosceni­co. Non è mai stata, e mai sarà, una sfida banale. Fin dal Dopoguerra l’incrocio ha prodotto scintille di emozioni, i rossoneri del Gre-No-Li, gli azzurri del «Leone» Vinicio e poi ancora, giù giù, per arrivare al tempo recente, le magie di Maradona e l’eleganza di Van Basten. Tutto, in questa partita, fa pensare al senso di bellezza che dovrebbe essere la stella polare del calcio.

I GOL DELLO ZOPPO Nell’autunno del 1950 Napoli e Milan scesero sul campo del Vomero e misero in scena un autentico spettacolo. Finì 5-3 per i rossoneri, trascinati da Liedholm e dal «pompierone» Nordahl, ma al termine della partita l’applauso della gente andò a tutti i giocatori, nessuno escluso, perché i soldi del biglietto erano stati ben spesi, e così anche quelli del Milan uscirono tra i compliment­i della gente. In quell’Italia che si rialzava dopo la guerra, tra un comizio di De Gasperi e uno di Togliatti, tra uno sciopero degli operai e una repression­e della polizia, il pallone era uno dei pochi motivi di unione del Paese. Nel marzo del 1956 ci pensò Luis Vinicio a far gioire i napoletani e a far piangere Lorenzo Buffon. Segnò due gol, uno più bello dell’altro, e la cosa clamorosa fu che li realizzò da zoppo. Proprio così, perché nel primo tempo, a causa di un fortuito scontro con il compagno Vitali, Vinicio subì una botta tremenda al ginocchio destro. Il Comandante Achille Lauro ordinò al medico di rimetterlo in piedi, ché senza di lui il Napoli non era il Napoli. Il dottore obbedì, ‘O Lione si sistemò in mezzo all’attacco e a metà del secondo tempo piazzò il primo colpo vincente. Passarono dieci minuti ed ecco la replica. Due a zero per il Napoli, pubblico in delirio, un Carnevale improvvisa­to nelle strade attorno allo stadio.

EROE DELLA CITTÀ A regalare un altro capolavoro fu Omar Sivori, il 27 febbraio 1966. Quasi ottantamil­a spettatori aspettavan­o il suo acuto, ma lui, scontroso come un divo del cinema, non dava segno di sé, e ormai i minuti scorrevano sul cronometro e il risultato era fermo sullo 0-0. Il Milan faceva catenaccio e il Napoli non riusciva a superarlo. Al 43’ del secondo tempo, quando ormai le speranze erano al tramonto, Sivori, con il solito modo indolente, prese il pallone e, dapprincip­io scherzando e poi facendo sempre più sul serio, cominciò a dribblare gli avversari come birilli. Un’azione magnifica conclusa con un tiro di rara precisione. Così il Napoli portò a casa la vittoria e lui, il divino Sivori, uscì dal campo mostrando al cielo il pugno chiuso, «in un gesto quasi dittatoria­le» scrisse il cronista del Corriere della Sera. Era l’eroe di un’intera città. Proprio come, più di vent’anni dopo, accadde a Diego Armando Maradona. Il quale, tuttavia, contro il Milan, prima di poter gioire per una prodezza, fu costretto a versare lacrime. E non poche. Era il primo maggio 1988 e i rossoneri di Arrigo Sacchi, con il pressing e con il fuorigioco, si presentaro­no al San Paolo lanciati come un treno in corsa. Dovevano vincere per sorpassare il nemico e continuare a credere nello scudetto. E vinsero. Ma il «come» fu strabilian­te: diedero una dimostrazi­one di forza, di potenza, di tecnica che lasciò il pubblico di Napoli a bocca aperta. Gullit era un marziano, Virdis imprendibi­le, e tutta la squadra pareva una gioiosa macchina costruita per il successo. Il risultato fu 3-2 per i rossoneri, che poi conquistar­ono il titolo, ma i numeri non raccontano l’impression­e di superiorit­à e di bellezza che quel Milan diede. Quel giorno il calcio sbarcò sulla luna. Lo ammise persino Maradona che disse: «Mai visto una squadra giocare così bene».

IL COLPO DEL GENIO Ma siccome lui era il re, e i re non si lasciano sottrarre la corona senza combattere, ecco che Diego, qualche mese dopo, si prese la rivincita. Il 27 novembre 1988 il Milan di Sacchi, con il tricolore sulle maglie, si presentò al San Paolo per una nuova sfida. Piuttosto malconci e rimaneggia­ti, i rossoneri riuscirono a resistere soltanto quaranta minuti, poi il genio si scatenò e fu notte. Un lancio di Crippa tagliò in mezzo la difesa del Milan, salita compatta per mettere in fuorigioco gli avversari. Maradona s’infilò nel pertugio, evitò la trappola, vide il pallone che spioveva, ebbe l’istinto di calciarlo ma poi, dato che il rimbalzo era irregolare e strano, diede una potente capocciata e lo fece passare sopra la testa di Giovannone Galli in uscita disperata. La palla, con una lentezza esasperant­e, trotterell­ò in rete. Un gol magnifico, cui si aggiunsero quelli di Careca (doppietta) e di SUL MILAN DI SACCHI Francini. Il Napoli vinse 4-1 e Maradona spiegò così la sua magìa: «Ho fatto la prima cosa che mi è venuta in mente». Più o meno lo stesso pensiero di Marco Van Basten che l’8 novembre 1992 si regalò il lusso di segnare addirittur­a una quaterna al San Paolo: anche l’olandese fece ciò che gli passava per la testa, senza pensarci troppo. Un tiro secco di destro, una furbizia per rubare il pallone al portiere, un comodo tocco a porta sguarnita e un altro colpo facile facile dopo un disimpegno maldestro dei difensori del Napoli. Con il gol di Eranio e quello di Zola su punizione il risultato venne fissato sul 5-1 per i rossoneri. Coriandoli di bellezza. Come vuole la tradizione di Napoli-Milan.

● Diego Maradona tra Baresi e Ancelotti: segnò un gol fantastico nel 4-1 del 1988-89 CUOMO Omar Sivori, decise l’1-0 del 1965-66

● Marco van Basten: ne fece 4 nel 5-1 del 1992-93

MAGIE

Quando Diego segnò di testa da trenta metri beffando Giovanni Galli...

El Cabezón da delirio nel 1966. Van Basten ne fece quattro nel 1992

NON HO MAI VISTO UNA SQUADRA GIOCARE COSÌ BENE

DIEGO MARADONA

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