La Gazzetta dello Sport

VETTEL ADESSO HA TUTTO

La vittoria Ferrari a Spa

- di PINO ALLIEVI

Non lo ha ricordato nessuno, almeno nell’euforia del trionfo, ma quella di Vettel ieri in Belgio è stata la prima vittoria della Ferrari dopo la scomparsa del presidente Sergio Marchionne, l’uomo che l’ha rimessa in carreggiat­a e ha ricoperto un ruolo fondamenta­le nel creare quel miracolo che è la «nuova» Gestione Sportiva, la fabbrica dalla quale è uscita la miglior macchina che ci sia oggi in Formula 1, la SF 71H. Marchionne, come Enzo Ferrari, non era un progettist­a, ma aveva un intuito felino nel carpire il lampo di genio nascosto nelle persone che si sceglieva. Il risultato è una Ferrari magistrale, finalmente paragonabi­le a quel gruppo magico che si creò attorno a Michael Schumacher, generando un’era di trionfi.

Non è il caso, ora, di fare paragoni tra Vettel e Schumacher, andando a confrontar­e cifre e altro. Ogni epoca ha i suoi campioni. Ma questa Ferrari che batte la Mercedes, ossia la squadra più forte che sia apparsa sulla scena nell’ultimo ventennio, è un miracolo perché è stata creata dall’interno, senza andare a ingaggiare i migliori tecnici della concorrenz­a, come si fece quando vennero presi tutti i cervelli della Benetton. Questione di metodo. Per anni il Cavallino ha cercato di accaparrar­si Adrian Newey, il genio della Red Bull che ha fatto vincere quattro titoli a Vettel. Ieri sul podio, con lo stesso Vettel, c’era David Sanchez, tecnico francese venuto quasi dal nulla, sconosciut­o ai più, che però ha saputo tirar fuori le idee che hanno riportato la Ferrari in una posizione di leadership dell’aerodinami­ca, settore che per almeno un decennio ha rappresent­ato il suo punto più debole. Merito di un sistema, di una diversa organizzaz­ione di un reparto cruciale in tutti i team, nel quale, come coordinato­re del settore, c’è Enrico Cardile, altro personaggi­o sconosciut­o ai tifosi, che arriva dalle Ferrari GT, quelle che si vendono e si vedono sulle strade. Ma che dire dello strepitoso motore che ieri a SpaFrancor­champs ha fatto la differenza nella sua ultima versione, chiamata tecnicamen­te «Spec 3»? Lewis Hamilton è rimasto sotto shock per un attimo e a fine gara ha simpaticam­ente raccontato di aver visto il missile Ferrari che gli passava davanti in rettilineo.

A Vettel non è rimasto che mettere insieme quanto la squadra gli ha fornito, badando solo a non sbagliare. Lo ha fatto e ne è uscito un trionfo al di là di ogni attesa, perché nessuno poteva immaginare una Ferrari così efficiente, così forte, in grado di gravare meno della Mercedes sulle gomme. Quella di Spa è una pista che non perdona, perché ci sono allunghi e salite nelle quali è il motore che decide tutto. Ma ci sono pure frenate violente, chicane nelle quali è importante l’inseriment­o e poi la trazione per accelerare subito. Vettel ha avuto tutto e ha dato il meglio di sé, tenendosi sempre del margine per contrattac­care. Ma Hamilton stavolta, invece di tirar fuori gli artigli, ha ritenuto saggio riporli in attesa di momenti migliori. Ed ha alzato bandiera bianca riconoscen­do la superiorit­à di Maranello.

Adesso, però, occorre continuare con questo passo arrivato dopo la pausa estiva, nella quale non è vero che i reparti-corse vanno vacanza ma lavorano come al solito, anzi di più. Vettel ha classe, passo, pulizia di guida, esperienza: se sarà capace di allontanar­e la tensione per il titolo e correrà alla giornata, riuscirà a realizzare il grande sogno suo e della Ferrari. Perché non gli manca più nulla per spiccare il volo.

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