La Gazzetta dello Sport

I DUBBI E L’ANIMA

Un’altra delusione per i nerazzurri

- Di LUIGI GARLANDO

Un punto in due giornate: non esattament­e una sgommata per l’Inter, eletta nei sondaggi estivi come l’anti-Juve.

Un punto in due giornate: non esattament­e una sgommata per l’Inter, eletta nei sondaggi estivi come l’anti-Juve. In vantaggio di 2 gol e in pieno controllo nel primo tempo, i nerazzurri, incapaci di gestire, stanchissi­mi, si sono fatti rimontare dall’ottimo Torino della ripresa e hanno rischiato il peggio, tra i fischi. Più che i 5 punti di svantaggio dal vertice preoccupa lo stato confusiona­le del progetto tecnico di Spalletti. Uno dei punti di forza dell’Inter sembrava essere l’identità tattica maturata nella stagione scorsa. Era forte di molte conoscenze che non ritrova più. Anche ieri ha iniziato in un modo (fasce e difesa a 3) e finito in un altro (centro e difesa a 4). Lautaro, la miglior conquista estiva, è già fuori, scavalcato pure da Keita. Nainggolan dev’essere ancora innestato. Di fatto Spalletti è tornato in cantiere e, al momento, non si riesce a indovinare la squadra tipo. Eppure la veste tattica del primo tempo era stata convincent­e. Non è arrivato Modric? Non c’è più Rafinha? Brozovic è il solo play? Largo alle fasce, allora. Il centro storico è chiuso? Si circola sulle tangenzial­i: 3-4-3 con due esterni per lato. Politano e Perisic alti, che stringono per assistere Icardi e liberare la corsa di Vrsaljko e Asamoah. Le sovrapposi­zioni in fascia come un’idea dominante. La difesa a 3 e il recupero di un uomo in mediana portano due benefici: più facilità di palleggio, assente a Reggio Emilia; un cacciatore in più nel pressing alto che nel primo tempo ha impedito al Toro di creare: mezzo tiro in porta al 38’. Un’Inter logica e con il «coltello tra i denti», come chiedeva Spalletti, ha dominato senza affanno. In questo quadro si poteva immaginare l’innesto di Nainggolan alle spalle di Icardi, accanto a Perisic, in un 3-4-2-1.

Poi però nella ripresa è cominciata un’altra vita. Merito di un grande Toro, che dopo la paura ha indossato un’anima da Toro, ha attaccato con coraggio, pareggiato e meritato qualcosa di più. Si sa, è una costante delle squadre di Mazzarri reagire meglio di quanto agiscano. Anche con la Roma meglio il secondo tempo. Se si convincerà a usare gente come Ljajic non solo come medicina per un risultato malato e a organizzar­e un recupero della palla più coraggioso, potrà spaventare tutti. La stoffa non manca. Il Gallo cresce e Meité è stata una gran bella pescata. Nella difficoltà l’Inter si è squagliata, anche perché le mosse di Spalletti hanno smontato l’intensità in mediana e il pressing che aveva pagato tanto. Inquietant­e come in poche settimane l’Inter abbia sperperato la credibilit­à estiva e l’autostima accumulata nel torneo scorso. Non è un caso che Milan e Inter siano state rimontate sul 2-0. E’ a centrocamp­o che si gestisce e si governa. E a centrocamp­o le due milanesi hanno lacune struttural­i. A Inter e Milan non manca CR7, manca un Pjanic. Quando dicevamo che Modric era la torta e non la ciliegina intendevam­o questo: manca un leader tecnico, capace di far salire la palla, di dare la rotta e di tenere il timone nella tempesta. Brozovic non basta. Alle prime difficoltà, la barca affonda.

La Fiorentina, giovane e bella, ha avvalorato con 6 gol il sospetto forte che possa diventare la rivelazion­e del torneo. Gioca con l’allegria di tante stelline sull’orlo della consacrazi­one. Occhio anche al Genoa che ha trovato i gol. Una nota per la Spal che sta accanto a CR7. E’ reduce da una salvezza poco celebrata, ha un allenatore sottostima­to che non si riempie la bocca di dogmi, non fa cinema, ma sa giocare bene. Beati i Semplici.

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