LOWE E FROST, DUE MITI MORTI A DISTANZA DI POCHE ORE
Protagonisti di una foto iconica dell’alpinismo
C’è una foto che è fra quelle iconiche della storia dell’alpinismo. È conosciutissima perché è stata usata per il lancio di uno dei film più belli e più premiati degli ultimi anni. Il soggetto ripreso è Jeff Lowe, impegnato a piantare un chiodo sull’Ama Dablam. A scattare quella fotografia era stato Tom Frost, altro famosissimo alpinista statunitense che con Lowe nel 1986 ha anche realizzato, sempre in Nepal, una nuova via sul Kangtega, di cui nel 1963 era stato il primo salitore. Jeff e Tom sono morti venerdì scorso a distanza di poche ore. Il primo, famosissimo per la via che ha dato il titolo al film di cui dicevo, «Metanoia», aperta in solitaria invernale sulla famigerata Nord dell’Eiger, era da tempo immobilizzato da una malattia degenerativa tipo SLA. Ha ricevuto il Piolet d’Or alla Carriera un anno fa e, pochi giorni fa, ha visto infine completata un’altra via difficilissima sulla quale aveva rischiato di morire 40 anni fa: quella lungo il Pilastro Nord del Latok I. Era arrivato a 150 metri dalla vetta insieme a Jim Donini, Michael Kennedy e George Lowe quando le sue condizioni peggiorarono. I quattro americani riuscirono a scendere. Purtroppo non ci è riuscito ora il russo Sergej Glazunov, che ha salito il Pilastro Nord e forse addirittura la montagna insieme al connazionale Alexander Gukov.
Tom Frost faceva parte della prima generazioni di campioni della Yosemite Valley (nel 2017 era morto Royal Robbins, a febbraio Jim Bridwell). Forte e modesto, era stato autore di storiche prime (Salathé Wall, North American Wall) e anche creatore di attrezzi che hanno consentito l’evoluzione dell’arrampicata. Ha sempre propugnato il «clean climbing».