La Gazzetta dello Sport

JOSÉ VA FATTO COMANDARE

Il momento no allo United

- di MIMMO CUGINI

La stagione dello United non è iniziata come i suoi tifosi speravano e Josè Mourinho è finito nel mirino della critica.Voci di ogni genere accompagna­no il portoghese ad ogni sconfitta..

La stagione del Manchester United non è iniziata come i suoi tifosi speravano e Josè Mourinho è finito nel mirino della critica. Voci di ogni genere accompagna­no il portoghese ad ogni sconfitta, stavolta un po’ di più perché dopo l’addio di Zidane al Real Madrid il nome del francese aleggia come un fantasma su Old Trafford e in Inghilterr­a c’è anche chi non esclude che presto ad allenare i Red Devils finisca Antonio Conte dopo il traumatico addio con il Chelsea. Due sconfitte su tre partite sono un bilancio che una squadra come lo United non può accettare, ma le critiche rimbalzano su Mourinho come una goccia di pioggia su un ombrello.

Spesso lo hanno accusato di un calcio troppo difensivis­tico, ma c’è un posto dove Josè sceglie sempre di attaccare: davanti alle telecamere. L’uomo è naturalmen­te predispost­o allo spettacolo e il popolo del tifo lo ama anche per questo. Si identifica con il club e classifica come nemici tutti quelli che non sono dalla sua parte. Certo se esci dal campo dopo aver perso 3-0 in casa come lunedì sera a Manchester contro il Tottenham e i tuoi tifosi ti regalano un applauso lungo decine di secondi, allora vuol dire che l’impatto sulla gente è davvero forte. E anche sui presidenti dei club che ha allenato. C’è un solo modo di essere Mourinho: decide lui su tutto, fa l’allenatore ma anche il presidente e il direttore sportivo e pure qualcos’altro. Prendere o lasciare, con Josè non ci sono vie di mezzo. Può permetters­elo perché si porta in dote due Champions League e altrettant­e Europa League oltre a titoli nazionali in tutti i campionati in cui ha allenato. Mourinho ha bisogno di essere al centro dell’attenzione, come fu, quasi ogni giorno, nei due anni all’Inter quando il portoghese conquistò la scena mediatica con una serie infinita di battute regalate in diversi momenti della stagione che fecero salire a dismisura il termometro dell’amore dei tifosi nerazzurri verso di lui così come l’odio degli avversari nei suoi confronti. Ma San Siro lo amò soprattutt­o per i due scudetti vinti e per aver riportato a Milano la Champions dopo 45 anni e gli ha pure perdonato la fuga dopo la notte trionfale del Bernabeu.

La provocazio­ne è la sua arma preferita e lunedì sera presentand­osi davanti ai giornalist­i ha chiesto rispetto «perché ho vinto più campionati inglesi di tutti gli altri allenatori della Premier messi insieme». Il copione da recitare se la partita non prende la piega giusta è sempre pronto perché il segreto quando arriva una sconfitta è non parlare della sconfitta. Forse non è un caso che i risultati migliori li abbia raggiunti alla guida di Porto, Inter e il primo Chelsea quando gli fu data carta bianca su tutto. Mourinho ha combattuto e sta combattend­o la grandezza di club come Real Madrid e Manchester United per imporre il suo verbo. Il complicati­ssimo rapporto con Florentino Perez lo portò a lasciare la Spagna dopo tre stagioni e una sola Liga vinta, il pesante contratto fino al 2020 probabilme­nte convincerà la famiglia Glazer a lasciare il portoghese sulla panchina dello United. Ma il rapporto si è incrinato, Mourinho si aspettava rinforzi dal mercato che non sono arrivati. E in queste condizioni Josè non riesce a dare il meglio anche se sa di avere la gente dalla sua parte. Vuole il controllo totale della situazione e forse in questo momento non lo ha.

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