Federer: «Senza forze Felice che fosse finita» Millman: «Che disagio»
●Prima del torneo di Stoccarda, Roger aveva ospitato l’australiano per allenarsi insieme: «Un ragazzo splendido»
In tribuna, c’era la solita claque prestigiosa ad applaudire Roger Federer: l’ex presidente Usa Bill Clinton; l’allenatore dei Warriors campioni della Nba Steve Kerr; la direttrice di Vogue, Anne Wintour. Tutti poi con i volti scuri per la sorprendente batosta del beniamino. Anche Roger non ha una bella faccia. Sfinito da quella griglia bollente in cui si è trasformato il cemento dell’Arthur Ashe. Ha il morale sotto le scarpe, lo svizzero: una sconfitta in un ottavo così agevole non l’aveva prevista. Lo ha fregato il caldo: «Non riuscivo a respirare, come se non potessi prendere aria. In passato, mi è accaduto raramente».
ENERGIE E’ l’alibi con cui giustifica la seconda caduta prima dei quarti agli Us Open dal 2013. Insiste: «Sudavo copiosamente, avevo i pantaloncini e la maglietta fradici. E pure le palle erano bagnate e lente. Cerchi di colpire dei vincenti e ti accorgi che non ci riesci. Alla fine ti svuoti di energie». Ha provato a rinfrescarsi: al cambio di campo azionava disperatamente il ventilatore, ma la situazione non migliorava, anche se si giocava nell’ombra della notte. E allora aumentavano le occasioni sprecate. Sui tanti errori diceva: «Quando sei così giù, il tuo gioco è off. Ma lui deve essere abituato all’umidità pazzesca di Brisbane perché sembrava non soffrirne». Gli sfugge una frase emblematica: «A un certo punto sono stato contento che il match fosse finito». Un momento di debolezza che difficilmente capiterebbe a Rafa Nadal.
EROE La sofferenza di Millman era di diversa natura. Voleva questa vittoria come se ci fosse in ballo la sua vita, ma allo stesso tempo era dispiaciuto per il suo avversario. Ripeteva più volte: «Roger è il mio eroe. L’ho sempre ammirato. E mi sono sentito a disagio e un po' colpevole perché so che non stava vivendo una bella serata. Ma era l’unico modo che avevo per batterlo: lui doveva essere in una brutta giornata e io al massimo». Quel piccolo senso di colpa è perché prima del torneo di Stoccarda, Federer gli ha spalancato le porte di casa per qualche sessione di allenamento insieme. Spiega Roger: «Aveva perso subito a Parigi e gli abbiamo chiesto se voleva venire da noi. Ci siamo divertiti, è un ragazzo splendido». Chi poteva immaginare che tre mesi dopo sarebbe stato proprio lui a impallinarlo agli Us Open. Dice Millman: «All’inizio mi sono sentito come un cervo inquadrato dai fari di un’auto, ma poi mi sono ripreso. Mi sono detto: “Non stai giocando contro la sua reputazione”. Ora ci ha preso gusto e promette che anche contro Djokovic sarà pronto a vendere cara la pelle.
«GIORNATA NO SUA E IO AL MASSIMO: SOLO COSÌ POTEVO VINCERE CON LUI»
«ALL’INIZIO MI SENTIVO COME UN CERVO PUNTATO DAI FARI»
«POI MI SONO DETTO: NON GIOCHI CONTRO LA SUA REPUTAZIONE»
JOHN MILLMAN NUMERO 55 DEL MONDO
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IL NUME RO
La classifica di Millman il 28 agosto 2017, durante gli Us Open di un anno fa: adesso è numero 55