C’è Perotti che sorride E la Roma riscopre il suo tango
●L’argentino è guarito e ora punta alla prima convocazione
Quando giocava nel Genoa, un giorno Nicolas Burdisso – uno che di giocatori forti se ne intende – disse di Diego Perotti, allora suo compagno di squadra: «Per come si muove e per come dribbla, mi ricorda Figo». Detto da uno come lui ci parve una investitura, anche se persino un po’ eccessiva per un ragazzo che, tra Siviglia e Boca Juniors, sembrava aver visto scemare il suo talento tra le crepe dei mille infortuni che lo avevano colpito in carriera. «Credo di essermi fatto male in tutti i muscoli che ci sono nel corpo», raccontò una volta l’argentino, tra il serio e il faceto, ai tempi di Siviglia. A rimetterlo sempre in linea di galleggiamento è stato un carattere fuori dal comune, da guerriero che non ama far da tappezzeria. Lo stesso che, a volte, gli fa metabolizzare a fatica la panchina, rendendolo il prototipo di quei «musini» di cui a vol te parlava Luciano Spalletti. IL RIENTRO Di sicuro il carattere gli è servito anche stavolta per superare un paio di ostacoli tutto sommato tipici nella carriera di un calciatore: il desiderio del club di cederlo per fare cassa e risparmiare sull’ingaggio e un fastidioso infortunio alla caviglia, con interessamento ai legamenti, che lo farà tornare disponibile per la convocazione solo alla ripresa del campionato, cioè contro il Chievo. Sul primo fronte perotti è sempre stato molto chiaro: «Da Roma non voglio andare via». E se si eccettuano gli aspetti economici, dal punto di vista tecnico la società non può che avvantaggiarsi da questo suo fermo proposito, anche perché ciò che ha proposto la catena sinistra Kolarov-Perotti rappresenta uno dei momenti migliori del calcio di Di Francesco. L’infortunio, invece, è altra cosa. Superato, raccontano a Trigoria, con l’argentino che – visto il sovraffollamento sulle fasce (Under, El Shaarawy e Kluivert) – è potuto guarire con calma. E al rientro, ne siamo sicuri, la concorrenza con lui non sarà facile per nessuno.
INDAGINE SUL GOL A 30 anni da poco compiuti, dal punto di vista ideale ciò che gli manca come calciatore gli è chiaro: «Segno pochi gol – ha detto spesso –. Devo migliorare da quel punto di vista». Vista la sua tecnica, quasi un mistero. Di quelli che piacciono a Diego, visto ciò che ha raccontato della sua vita: «Adoro i film e le storie che hanno come protagonista i detective, così mi sono iscritto all’università di Siviglia e ho frequentato un corso di criminologia. Purtroppo quell’esperienza è durata poco. Gli impegni calcistici non mi hanno permesso di approfondire gli studi, e anche la notorietà non faceva sentire a mio agio tra i compagni del mio corso. Gli studenti mi fermavano per chiedere autografi, mi sentivo al centro dell’attenzione e mi sembrava troppo strano. Una volta sono persino dovuto uscire dalla classe per rispondere a una telefonata di Maradona. Può sembrare divertente, ma io lo trovavo poco rispettoso nei confronti di professori e dei miei compagni».
LA DELUSIONE Un pensiero non banale, che lo riporta più facilmente tra noi comuni mortali, quelli che vivono nell’ottovolante della quotidianità. Ad esempio, per Perotti non è stato semplice superare la delusione della mancata convocazione al Mondiale. «Sono momenti che passano nella vita e forse non tornano più – ha spiegato –, ma il calcio è così. In Argentina ci sono tanti giocatori e non è facile». L’impressione è che toccherà alla Roma restituirgli quel sorriso che l’estate – per un motivo o per l’altro – ha un po’ appannato. E chissà che il finale di carriera non gli riservi un tramonto alla Figo. I tifosi giallorossi non aspetterebbero altro.
LO STOP
Un infortunio alla caviglia lo ha tenuto fuori dalle prime partite. Adesso Di Francesco ritrova uno dei «senatori»