La Gazzetta dello Sport

FESTA DOVI&DUCATI CON TALENTO E LAVORO

- L’ANALISI di GIANLUCA GASPARINI

Facciamo così. Lasciamo perdere - almeno per questa volta - il titolo Mondiale irrecupera­bile o quasi, la prossima stagione, i rimpianti, i pensieri per chi se ne va e forse non se ne doveva andare. Godiamoci con gusto la meraviglio­sa vittoria della Ducati e di un grande Andrea Dovizioso capace di una impresa da autentico professore - esaltando, oltre al pilota, una moto che in questo momento è quella da battere. Dipingono spesso noi italiani, sul lavoro, come geni incostanti, gente capace di guizzi a tempo scaduto per risolvere i problemi confidando nello stellone che ci aiuta sempre. Invece il percorso recente delle rosse bolognesi parla di tutt’altro. Parla di un lavoro lungo, costante e certosino, di una volontà di crescita feroce, di un perfezioni­smo capace di fare la differenza, di un approccio nuovo all’analisi tecnica, di un adattament­o unico al modo in cui queste MotoGP vanno sfruttate per ricavarne il massimo.

La rincorsa per tornare al vertice, e per vertice si intende essere in grado di puntare al successo su ogni pista, si può dire terminata. Chapeau. Da dieci anni la Ducati non vinceva tre gare consecutiv­e erano i tempi di Casey Stoner - ed exploit di questo genere non arrivano mai per caso. Peccato per la scivolata di Jorge Lorenzo, poteva essere una superba doppietta. Forse lo spagnolo, nel suo tentativo di recupero finale, ha visto davanti ai suoi occhi la «carota» del primo posto e ha esagerato finendo con lo sdraiarsi quando il traguardo era a pochi chilometri. Peccato, non tanto per qualche punticino in più rosicchiat­o a Marquez ma per la festa che sarebbe stata ancora più grande. Consoliamo­ci. A renderla tale ci hanno pensato altri due piloti di casa nostra. Francesco Bagnaia, sempre più autorevole nel suo inseguimen­to al Mondiale della Moto 2 e soprattutt­o capace di sopportare il peso per l’attesa della gara casalinga, e non era leggero, regalandos­i il massimo risultato possibile dopo una galoppata solitaria. E prima di lui Lorenzo Dalla Porta, al primo successo in Moto 3 dopo una volata mozzafiato in cui servivano lucidità e freddezza più grandi dei suoi 21 anni e della sua esperienza. Bravo.

Non abbiamo ancora citato - in tutta questa celebrazio­ne tricolore un certo Rossi, il protagonis­ta voluto e desiderato da gran parte del pubblico. Valentino, alla festa di Misano, non ha partecipat­o, è mancato totalmente. Vederlo arrancare per quasi tutta la gara all’ottavo posto o giù di lì, inquadrato raramente dalle telecamere, per di più nella gara che si correva a qualche chilometro da casa sua e con la marea gialla dei suoi tifosi in tribuna, ha intristito parecchio. Ma oggi la Yamaha è questa, e si fatica a capire come sia possibile consideran­do esperienza, budget e uomini che la compongono. Anche il suo compagno Viñales, tanto ottimista al termine delle prove, si è dovuto accontenta­re di un anonimo quinto posto. Il rischio concreto della compagnia di Iwata è che la parte finale del campionato si trasformi in una lunga agonia in attesa di giorni migliori nel 2019. E questo, Vale, non se lo merita proprio.

Chiusura, inevitabil­e, sulla follia di Romano Fenati. Come altro si può definire la mossa di tirare la leva del freno anteriore a un rivale mentre si sta viaggiando a oltre 200 orari in pieno rettilineo? Adrenalina a mille, agonismo, scintille nei giri precedenti, frustrazio­ne del momento Si possono portare mille attenuanti, non servono. Chieda scusa. Punto. Non c’è altro da aggiungere.

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