La Gazzetta dello Sport

SOCCORSI IN ALTA QUOTA, MANEGGIARE CON ESTREMA CURA

Il caso degli incidenti «sospetti» e delle truffe sulle vette del Nepal

- L’AVVENTUROS­O di REINHOLD MESSNER

L’incidente dei giorni scorsi, nel quale sono morte sei persone e una è rimasta gravemente ferita, è l’ennesima, triste dimostrazi­one di quanto i soccorsi in quota con gli elicotteri siano una faccenda seria e delicata. La disgrazia è avvenuta proprio in Nepal, dove sono sotto accusa alcune agenzie e compagnie che avevano truffato le assicurazi­oni spacciando per operazioni di soccorso dei voli ai campi alti dell’Everest effettuati per scopi diversi e tutt’altro che gravi.

Numerosi i modi in cui le truffe sono state perpetrate. Dall’evacuazion­e di 3-4 persone fatta pagare come se si fosse trattato di altrettant­i voli e non di uno solo, al trasporto fino a Kathmandu quando i «malati» erano curabili anche all’ospedale di Lukla. O storie peggiori, come la volontaria intossicaz­ione alimentare (con lassativi) di trekker e alpinisti per provocarne il ricovero in compiacent­i cliniche della capitale nepalese, con successiva presentazi­one alle assicurazi­oni di spese gonfiatiss­ime. Ora il governo nepalese è intervenut­o con nuove regole e punendo i truffatori. Non dobbiamo sentirci in diritto di puntare il dito contro la corruzione diffusa in quel Paese. Anche sulle Alpi non tutti i soccorsi sono «puliti». La cosa più mortifican­te è proprio il mancato rispetto per il lavoro serio e rischioso dei piloti. Volare in alta quota è operazione delicata. Nell’incidente di cui ho scritto l’elicottero è precipitat­o per scarsa visibilità, intrappola­to dalle nuvole. E non si trattava del soccorso di ricchi «alpinisti della pista». Cinque dei morti erano nepalesi. In quel Paese, senza gli elicotteri intere valli sono raggiungib­ili solo con giorni e giorni di dura marcia.

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