La Gazzetta dello Sport

La legge di Eniola «Amo Dybala e non ho paura La Juve è il top» Aluko

●Il nuovo 9 delle Women è avvocato «Denunciai l’ex c.t. per razzismo: ho perso molto ma ora dormo bene»

- Filippo Conticello INVIATO A TORINO (VINOVO)

Che sia in campo o in tribunale, c’è da fidarsi dell’avvocato Eni: lei alza la voce in un mondo in cui molti tacciono. Non teme i razzisti, figurarsi le bionde danesi. Eniola Aluko, 31enne nuovo acquisto delle Juventus Women già in clima Champions, ha il coraggio dei giusti e la determinaz­ione dei centravant­i sanguigni: certe doti sono servite pure per appendere in camera una laurea in Legge. Nella sua Inghilterr­a è diventata una star per aver denunciato nel 2016 l’ex c.t. Mark Sampson, autore di un commento razzista sulle sue origini nigeriane: il tecnico ha salvato la panchina per un anno, fino al licenziame­nto del 2017. Dopo sei stagioni al Chelsea, ora la Aluko ha scelto di inseguire la Champions alla Juve: domani a Novara attacca l’Europa nell’andata dei 16esimi contro il Brondby. Rita Guarino si affida parecchio a lei, il «Rooney donna», brava con i piedi e lesta con la penna: da poco è diventata pure «columnist» sul Guardian.

Allora Aluko, come sono andati i primi mesi bianconeri?

«Che bella Torino, così diversa da Londra, per fortuna. Ho preso un appartamen­to molto… italiano: vedo le colline, i palazzi, le chiese. E ho legato molto con Cristiana Girelli: parla un buon inglese, mi aiuta e mi fa ridere. La Juve è super profession­ale: cura tutto, dall’alimentazi­one alla palestra. Non succede neanche nei top team...».

Ma i k.o. in amichevole con Chelsea e Arsenal dicono che il gap con i top team esiste.

«È vero, ma bisogna guardare la prospettiv­a: in Inghilterr­a esiste il profession­ismo da 4 anni. La Juve deve focalizzar­si solo su se stessa: serve tempo, ma non troppo. Ora pensiamo al Brondby, perché gli scandinavi hanno la battaglia nel sangue».

Quanto la Juve può aiutare il calcio femminile a esplodere?

«Tanto, sta già facendo crescere il sistema. Non è una coincidenz­a se Milan, Roma, Inter sanno che è giusto investire sulle donne: ora è tutto più eccitante. Siamo nella giusta direzione perché il calcio femminile italiano diventi profession­ista».

E ai misogini cosa risponde?

«Sono una minoranza, pensano che le donne dovrebbero stare in cucina. Il miglior modo per farci pubblicità è fare grandi prestazion­i. Non si può cambiare la mentalità chiusa di certe persone, ma la prospettiv­a generale sì: se le donne resistono e dimostrano la loro forza, il mondo cambia».

La controvers­ia con la Federazion­e le ha cambiato la vita: quanto ha scosso le coscienze?

«E’ stato un periodo difficile, ma a volte bisogna sacrificar­e ciò che si vuole per ciò in cui si crede. Ora nella nazionale chi ha un problema non ha più paura di parlare. Questo mi fa dormire bene la notte: ho perso molto, da due anni non gioco in nazionale, ma ho fatto la scelta giusta. Ora sta a me convincere il nuovo c.t. Phil Neville a convocarmi».

Lei, figlia di migranti, come vive questo tempo di porti e frontiere chiuse, di paura diffusa?

«Non è solo un’atmosfera italiana, è tutto il mondo che va così: pensate a Trump, alla Brexit. La soluzione è mostrare la parte migliore di noi stessi e allora chi ha pregiudizi penserà: “Non è male quest’uomo, anche se ha un altro colore della pelle”. Prima di arrivare qui, tutti mi dicevano: “Attenta, in Italia non ci sono molti neri…”. E quindi? Che problema sarà mai?».

Sente anche lei nell’aria bianconera qualcosa di speciale? È l’effetto Cristiano…

«Purtroppo non l’ho ancora conosciuto, ma il fatto che sia venuto qua, nel mio stesso anno, è incredibil­e. Dimostra la statura di questo club. Cristiano è il più grande, ma io apprezzo i piccoletti come me: mi paragonano a Rooney, però amo anche Aguero e Dybala».

Veniamo alle altre due passioni: la legge e il giornalism­o.

«Ho preso la qualifica di avvocato cinque anni fa, per il momento lavoro più come consulente per uno studio londinese. La profession­e mi aiuta in campo, a essere più analitica, e fuori a rappresent­are la squadra. Sul Guardian non scrivo io perché c’è un ghost-writer, ma sento di avere molto da dire».

BISOGNA SACRIFICAR­E CIÒ CHE SI VUOLE PER CIÒ IN CUI SI CREDE

ENIOLA ALUKO ATTACCANTE DELLA JUVE

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