New York A Osaka, futura regina «Serena è il mio idolo O volevo essere lei» M
●Nata in Giappone, cresciuta negli Usa, in 3ª elementare aveva disegnato la Williams. Ora l'ha battuta: «In campo niente miti, solo avversari»
La sceneggiata di Serena le ha rovinato la festa. Invece di esultare, Naomi piangeva. In mano il trofeo del suo primo Slam ad appena 20 anni e molta tristezza. Lo stadio fischiava e lei sussurrava davanti a telecamere e microfoni impietosi: «Sorry, mi dispiace: so che tutti tifavate per lei». Ci sarebbe andata anche lei in tribuna a fischiare se non fosse stata in campo, perché Serena è il suo idolo. In terza elementare aveva svolto un tema: «L’avevo disegnata e colorata. E avevo scritto “Voglio essere come lei”. Lo conservo a casa in una cartellina”. Ma questa è la sua forza. Non solo un tennis potente e intelligente, pure una testa capace di bloccare qualsiasi emozione. Confidava: «Fino al riscaldamento, ero tesissima. Poi, dopo il primo servizio, dall’altra parte c’era solo un’avversaria qualunque».
SALVATA Serena l’aveva ispirata per superare Madison Keys in semifinale: «Se mi sono salvata da 13 palle break lo devo a lei: volevo affrontarla ad ogni costo». E Serena ricorreva spesso nei suoi sogni: «Fantasticavo di giocare una finale del Grande Slam con lei. Come andava a finire? Non sogni di perdere». Quel desiderio era stato esaudito una prima volta a marzo, quando aveva affrontato il suo mito a Miami: lo batté in due set. Ma era il primo turno e Serena era all’inizio del suo ritorno dalla gravidanza e stava ancora allattando. La consapevolezza di poter emergere era nata proprio su quel caldo cemento della Florida. Anzi. La rincorsa alle top 10 (da ieri è 7ª), da n°68 (la sua posizione a gennaio), era cominciata la settimana prima con lo straordinario successo a Indian Wells. PRESIDENTE Via Twitter le sono arrivate le congratulazioni del presidente giapponese, Abe Shinzo, perché Naomi è la prima nipponica (uomo e donna) a conquistare un Major. Anche se Osaka è un prodotto made in Usa, perché è nata a Osaka, ma dall’età di tre anni è cresciuta in Florida. Però ha un Dna misto. Suo papà Leonard «San» Francois è originario di Haiti, ha studiato alla New York University, e dopo la laurea si è trasferito in Giappone, dove ha conosciuto mamma Tamaki, educata in una famiglia tradizionale. Un amore proibito e per questo da dieci anni non ci sono rapporti con i nonni materni. «Perché mi chiamo Osaka? Perché tutti i cittadini di Osaka si chiamano così», scherzava simpaticamente Naomi. Ha preso il nome della mamma per motivi pratici e per mantenere un segno d’identità del suo Paese di provenienza (ha doppia cittadinanza, anche Usa), ma alle domande in giapponese risponde sempre in inglese. La sua gioia dopo aver battuto Serena l’ha espressa avvinghiando mamma in una stretta commovente. E papà? «Ah lui c’è, ma durante i match nessuno sa dove vada. Girovaga da qualche parte nelle vicinanze: troppo nervoso per guardare». E’ un piccolo dettaglio che l’accomuna a Serena: papà Richard spesso preferiva disertare i match delle figlie. L’altro è la sorella Mari, maggiore di 18 mesi, tennista anche lei, ma non con lo stesso talento: attualmente è n°344. Racconta Naomi: «So che senza di lei non sarei qui, non avrei avuto voglia di allenarmi. Rivalità? Fino a 15 anni perdevo sempre 6-0, poi un giorno ho vinto 6-2 e le cose sono cambiate».
IDOLO Pochi giorni prima degli Us Open, la sensibilissima Osaka era in lacrime negli spogliatoi di Cincinnati dopo la seconda eliminazione al primo turno sul cemento Usa: «Avevo perso tre partite consecutive, ero disperata perché pensavo di essere una schiappa». Ma poi è riuscita a sdoppiare la sua personalità e tramutarsi da fragile in un samurai: chiunque c’è dall’altra parte diventa un personaggio anonimo e non definito. È capitato anche con Serena. Come in trance la giapponesina ripeteva: «So quanto ci tenesse a vincere il suo 24° Slam per eguagliare il record di Margaret Court. Lo dicevano tutti, pure le pubblicità in televisione. Ma sabato sera davanti non avevo un idolo, solo un’avversaria. Serena è riapparsa quando mi ha abbracciata a fine match: allora mi sono sentita di nuovo la bambina di terza elementare».
LA FAMIGLIA Papà haitiano e mamma giapponese, vive in Florida da quando aveva 3 anni
Ha preso il cognome della mamma per mantenere l’identità nipponica
2
IL NUMERO
Le vittorie in altrettante sfide con Serena Williams per Naomi Osaka: a Miami e New York