Aru «Cerco la luce e non mollo Sì al Mondiale, fidatevi di me»
●Vuelta: il sardo si confessa dopo due settimane di sofferenza. «Nazionale, pronto a qualsiasi ruolo»
Un hotel elegante all’interno di un parco centenario con la musica di Sade in sottofondo. Un luogo termale, il primo della Cantabria, che induce al relax. Un posto ideale per scaricare le fatiche e soprattutto le tensioni. E’ qui che Fabio Aru trascorre il secondo giorno di riposo della Vuelta. La corsa spagnola doveva essere il momento di rilancio dopo un Giro che lo ha devastato. La traiettoria professionale di Aru sembrava quella di un predestinato. Terzo al Giro 2014 al secondo anno da pro’, poi la sua stagione d’oro, il 2015, con il secondo posto nella corsa rosa dietro Contador e la vittoria qui alla Vuelta. Da allora, solo pochi alti e tanti e bassi. Ma il talento ci deve essere. Non vinci una Vuelta, non fai due podi al Giro, non indossi la maglia gialla per caso.
Però anche qui, dopo due settimane di corsa, la situazione è tutt’altro che bella. Le prestazioni non convincono, prima di tutti lui stesso. Il 14° posto in classifica, a 8’19” dalla maglia rossa Simon Yates, è un peso. E non è una classifica figlia di una sfortuna, di una giornata storta. Fabio ha sofferto dalla prima montagna.
Non facile trovare la voglia di accettare un’intervista con questo stato d’animo. Più facile avere voglia di isolarsi, di nascondersi, di non parlare. Ma non è il caso di Aru. Fabio accetta, parla, spiega. La grinta non gli è mai venuta meno. Ci mette la faccia. E ogni tanto trova anche qualche sorriso.
Fabio, partiamo proprio da qui, dal sorriso: una rarità. A volte si ha l’impressione che lei sia come in gabbia, costretto dalla tensione, dall’ansia di fare bene.
«Negli ultimi mesi non ho avuto molte occasioni per sorridere».
Come sta?
«Sabato non sono finito tanto lontano dai migliori (39”, ndr). Per questo domenica ero partito con un buon morale. Poi in corsa ho patito come un cane per 70 chilometri. Forse ho subito l’accumularsi della fatica dei giorni precedenti. Non c’è niente da fare, è evidente che non ho la condizione per stare con i migliori. Sono uscito dal Giro distrutto, demolito completamente. Due mesi per recuperare quella batosta non sono bastati».
6° ALL’OLIMPIADE DI RIO 2016
Ha fatto qualche errore?
«No, e ci sto mettendo tutta la grinta possibile. Non mollo di un centimetro, faccio tutto alla perfezione. E’ una questione di rispetto: verso di me, la mia famiglia, la squadra, i tifosi… Faccio tanti sacrifici. Faccio tutto il possibile. Il risultato è che non sono a zero, ma neppure a cento».
Fare tutto alla perfezione così diventa forse più frustante.
«Sono un professionista. Lo faccio al massimo delle mie possibilità».
Il Giro è stata una batosta più a livello fisico o morale?
«E’ stato un k.o. impressionante fisicamente. Il morale patisce le conseguenze. Però sono ripartito. Fisicamente sto bene, molto meglio di prima. Sono magro, asciutto. Sì, mi sento bene. Però il gap non si è colmato».
Nelle prime tappe sembrava che le mancasse il picco, poi s’è notato anche qualche deficit nella base.
«A giorni manca poco, a giorni manca tanto».
Errori nella preparazione?
«E’ stata molto simile a quella del passato. Infatti non sono lontanissimo dai migliori. Ho resistito solo per la mia grande forza mentale. E’ la dote che mi contraddistingue. Non mollo mai. Tengo duro».
«IL C.T. CASSANI SA QUANTO TENGO ALLA MAGLIA AZZURRA»
FABIO ARU