La Gazzetta dello Sport

Colombo «IO, IL MONZA E SILVIO CHE SENZA CALCIO NON VIVE»

- di ALBERTO CERRUTI

Dal Milan di ieri al Monza di domani. Potrebbe essere questo il titolo della nuova avventura che sta per incomincia­re nel cuore della Brianza. Personaggi e interpreti principali: Nicola Colombo, nel ruolo di presidente del Monza, Silvio Berlusconi e Adriano Galliani in quello di appassiona­ti, già capaci di far entrare il Milan nella storia del calcio mondiale. Con la partecipaz­ione straordina­ria del presidente del «Milan della stella», padre di Nicola, da sempre in ottimi rapporti con Berlusconi e Galliani. Mai stanco di lavorare, 81 anni portati alla grande, Felice Colombo ha sempre preferito i fatti alle parole, ma l’amore per il Milan e il Monza è troppo grande per continuare a tacere. «Lo sa che non ricordo nemmeno da quanti anni non faccio un’intervista per parlare di calcio? E poi adesso il presidente è mio figlio Nicola. È lui che ha salvato il Monza dal fallimento nel luglio del 2015. Non c’erano più giocatori, era stato azzerato il settore giovanile e per partecipar­e alla D abbiamo fatto un ulteriore investimen­to a fondo perduto. Nel 2017, il Monza è stato promosso in C vincendo anche lo scudetto dilettanti e quest’anno è arrivato quarto perdendo il playoff per salire in B».

Ci spiega come è nata la trattativa con Berlusconi e Galliani?

«È stato tutto improvviso e inaspettat­o. All’inizio di settembre ha chiamato mio figlio, per chiedergli se era possibile rilevare le quote di maggioranz­a della società e Nicola ha risposto che era disponibil­e a parlarne. Poi qualche giorno dopo ho ricevuto una telefonata da Berlusconi, con cui ho sempre avuto ottimi rapporti anche se non lo vedo tanto tempo».

Una sorpresa anche questa?

«Sì, proprio una sorpresa. Berlusconi mi ha chiesto: “Tu sei Colombo o Felice?”. Io gli ho risposto “Felice”. “E allora tu chiamami Silvio”, mi ha detto. Ci siamo fatti una risata e ho capito subito che lui non può stare senza calcio. Volevo dirgli che già da qualche tempo pensavo che lui sarebbe stato il personaggi­o ideale per riportare il Monza in alto, ma non ho avuto il coraggio, perché è chiaro che è più facile andare in B con Berlusconi che senza. Battute a parte, so che anche i suoi figli sono d’accordo sul fatto che voglia fare qualcosa di utile per il territorio. Lui mi ha spiegato che vuole dare un esempio anche per fini morali con una squadra tutta italiana, perché non gli piace vedere così tanti stranieri nel nostro calcio. E soprattutt­o vorrebbe ragazzi seri, a posto, senza tatuaggi. Poi quella stessa sera ci siamo incontrati, io, mio figlio, Galliani, gli avvocati con alcuni dirigenti della Fininvest per gettare le basi della trattativa».

Qualche cifra?

«Non è il momento, ma non saranno grandi cifre. Dovremmo chiudere entro fine mese, o al massimo in ottobre. Mio figlio dovrebbe rimanere presidente fino al termine della stagione, con una percentual­e di quote ancora da stabilire».

Il sogno è la A?

«Un sogno, appunto. Perché prima bisogna giocare il campionato di C che non è facile e noi lo sappiamo bene. Un passo per volta, quindi, magari pensando al modello Empoli, una piccola società che è arrivata in A prima del Monza».

Il mercato invernale potrebbe aiutarvi: si è già parlato di Gilardino che è svincolato...

«Credo che la squadra costruita a luglio sia già molto competitiv­a, anche se ovviamente potrebbe essere ulteriorme­nte migliorata durante il mercato invernale. Intanto posso dire che l’effetto Berlusconi-Galliani si è già fatto sentire, perché abbiamo avuto tante richieste per nuovi abbonament­i».

Lei continua a seguire il Milan?

«La mia ultima volta a San Siro sarà stata 15 anni fa per un derby, ma il Milan lo seguo sempre con affetto. Quest’anno lo vedo bene, in Champions ci andiamo di sicuro. Spero nel terzo posto, con l’Inter quarta».

Che ricordo ha del suo Milan che conquistò la stella nel 1979?

«Ricordi bellissimi. Abbiamo vinto una Coppa Italia e poi uno scudetto indimentic­abile, con Liedholm, che avevo voluto io. Posso dire con orgoglio che dal mio Milan nessuno voleva andare via e mi fa piacere sentire ancora oggi Rivera, Bigon, Antonelli e Collovati».

Purtroppo c’è anche quel brutto ricordo della retrocessi­one per le scommesse: che cosa le ha lasciato quell’esperienza?

«Da allora non ho più paura di niente. Venticinqu­e anni fa ho avuto un tumore alla gola e quando si superano esperienze così si diventa più forti».

Se potesse tornare indietro, c’è qualcosa che non rifarebbe?

«Non mi fiderei più dei collaborat­ori e non aggiungo altro».

Nel 2019 saranno passati 40 anni dalla conquista della stella: farete una festa con Rivera e compagni?

«Ne avevamo fatta una per i 25 anni e l’aveva organizzat­a proprio Berlusconi. Il massimo sarebbe una festa doppia, per la stella del Milan e per la promozione del nuovo Monza».

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Felice Colombo premia a San Siro Gianni Rivera per le 500 partite in Serie A. È il gennaio del 1978
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Silvio Berlusconi, 81 anni, e Adriano Galliani, 74, qui a San Siro ANSA

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