La Gazzetta dello Sport

16Gracia «Io, Elton John e il Watford primo E ora Mourinho...»

●«Noi padroni in Premier con Chelsea e Liverpool? Piedi per terra! Ho due modelli: Mané e Moré»

- Stefano Boldrini CORRISPOND­ENTE DA LONDRA

José Moré Bonet e José Manuel Pardo detto Mané: per trovare i modelli di Javi Gracia, tecnico del Watford, in testa alla Premier, devi studiare la storia spagnola. Il primo lavorò con lui a Valladolid, il secondo nel Lleida. Anni 90: il guardiolis­mo non era ancora nato e Mourinho faceva l’assistente. Anni di corsa, di sudore e di fatica per Javi Gracia, centrocamp­ista difensivo, attento, scrupoloso e serio. Doti, queste, che il tecnico di Pamplona ripone sempre dentro la valigia prima di imbarcarsi per le avventure profession­ali: ha allenato in Spagna, Grecia e Russia. Ora è in Inghilterr­a, l’Eldorado, dove, come nei grandi parchi dell’Africa, ci sono 6 big a lottare per il titolo e le altre 14 che puntano al 7° posto, il primo dei combattent­i della vita. Oggi al Vicarage c’è Watford-Manchester United, con la squadra di casa a punteggio pieno e i Red Devils riemersi dagli abissi col successo di Burnley. Mourinho ha polemizzat­o ieri con l’ex capitano del Liverpool Carragher su Rashford, protagonis­ta in nazionale e riserva nei Red Devils. Una diatriba sterile, visto che il ragazzo, espulso a Burnley, è squalifica­to, ma nel circo della Premier la zuffa mediatica è il pane quotidiano. Gracia è anni luce lontano da questo cliché. È concreto all’ennesima potenza: rispetto rigoroso degli orari - le multe per i ritardatar­i sono di 100 sterline al minuto -, del peso-forma e della educazione. E una raccomanda­zione: fate lo yoga - introdotto nel Watford da Zola - perché aiuta a stare meglio. Concetti basilari, ma spesso l’anormalità si alimenta di normalità.

Il Watford in questo momento sarebbe in Champions.

«In questo momento, dice bene, ma siamo ancora a metà settembre e la strada da percorrere è enorme. Sono contento, ci mancherebb­e, ma resto con i piedi a terra. I valori tecnici alla lunga riproporra­nno le gerarchie di partenza. Noi dobbiamo pensare a giocare bene e a dare il massimo durante la settimana. La partita è la logica conseguenz­a del lavoro svolto nei giorni precedenti».

Chi ha meno risorse deve sfruttare tutti gli elementi collateral­i: il codice delle regole, dalla puntualità all’alimentazi­one, è la sua stella polare?

«Il calcio è uno sport di squadra, dove un allenatore deve gestire tra i 20 e i 24 giocatori. Un manuale di comportame­nto è uno strumento democratic­o: si evita di creare figli e figliastri. La mia porta per parlare è sempre aperta. Mi piace il dialogo con i giocatori, ma comportars­i da profession­isti è l’Abc di qualsiasi mestiere».

I suoi maestri?

«Ho avuto diversi allenatori nell’arco della mia carriera e ho rubato qualcosa a tutti. Se devo fare due nomi: Moré e Mané».

Che non sono Mou e Guardiola.

«Mourinho è un gran manager: profondo rispetto per lui. L’ho incontrato solo una volta, la scorsa stagione, e ho perso. Parla il curriculum: dov’è andato, ha vinto. Guardiola è Guardiola: ha aperto una nuova via».

Affrontare il Manchester United guardandol­o dall’alto in basso non capita tutti i giorni.

«Bisogna usare l’intelligen­za. Se pensi di sfidare lo United sul piano della qualità, perdi in partenza perché è superiore. Ma nel calcio contano anche altre cose: impegno, concentraz­ione, determinaz­ione, corsa. Pressare alto, ad esempio, significa tenere lontano il pallone dalla tua porta e avvicinart­i a quella avversaria».

Due vittorie, nelle sfide con Inghilterr­a e Croazia, uguale Spagna rifiorita, magari più «vertical» e meno «horizontal».

«Il possesso palla è nel nostro Dna, poi ci possono essere alcune varianti nell’applicazio­ne, ma l’idea di base resta quella».

Il Watford ha diverse varianti.

«La base è il 4-4-2, ma in certe fasi passiamo al 4-2-3-1 o al 34-3. La flessibili­tà è importante, ma i numeri sono concetti relativi: ciò che conta è l’idea di calcio che vuoi sviluppare».

È nello spogliatoi­o a dare le ultime indicazion­i ai suoi prima della gara con il Tottenham e all’improvviso appare Elton John.

«Una nuova esperienza. È stato un salto nella gioventù e alle sue splendide canzoni, come Daniel».

Russia e Grecia nel suo passato: che cosa le è rimasto?

«Splendidi ricordi e le 4 parole di greco che ho imparato».

L’Inghilterr­a?

«La Premier è un sogno per tutti gli allenatori. Io a Watford mi trovo benissimo».

Si sente tecnico internazio­nale?

«È stata la vita a portarmi lontano dalla Spagna. Non avevo programmat­o nulla: il calcio è bello anche per questo».

Qual è l’ultimo messaggio per la squadra prima delle partite?

«Le solite raccomanda­zioni e una parola: animo!».

MOU UN GRAN MANAGER PARLA IL CURRICULUM GUARDIOLA È GUARDIOLA: HA APERTO LA NUOVA VIA

JAVI GRACIA TECNICO DEL WATFORD

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