La Gazzetta dello Sport

Maestro Ledesma «Insegno alla Pro calcio e valori»

●L’ex Lazio: «A Piacenza non sono in vacanza I giovani di oggi vogliono tutto e subito, così non va»

- Nicolò Schira @NicoSchira

IN FUTURO ALLENERÒ I BIMBI. PALACIOS (RIVER) DIVENTERÀ UN BIG

CRISTIAN LEDESMA REGISTA PRO PIACENZA

FARE IL CAPITANO? BEH, PERCHÉ NO. BEL PROGETTO LA JUVENTUS B

Da Puerto Madryn alla Pro Piacenza, passando per 14 anni di Serie A e alcune avventure in giro per il mondo. Ne ha fatta di strada e non intende fermarsi Cristian Ledesma: «Sono qui per giocare titolare. Sto bene e voglio lasciare il segno. Non sono sceso di categoria per svernare, ma perché sono ancora innamorato di questo sport». Trentasei anni da compiere il 24 settembre, ma ancora l’entusiasmo di un ragazzino. Alle spalle 346 presenze in A tra Lecce e Lazio e l’ultima esperienza al Lugano, il presente del regista italo-argentino si chiama Pro Piacenza: «C’è un progetto ambizioso. Conosco la proprietà dai tempi della Lazio (la Seleco era lo sponsor dei biancocele­sti, ndr) e sono persone molto serie. Mi hanno voluto a tutti i costi per essere il leader della squadra e un punto di riferiment­o per i giovani. E poi...».

Dica.

«L’Italia mi mancava, è casa mia. Ormai mi sento italiano: sono arrivato che avevo 17 anni e da allora non sono più tornato in Argentina. Nel vostro paese ho conosciuto mia moglie Marta e creato una famiglia. Ma soprattutt­o mi diverto ancora a giocare, non mi pesano gli allenament­i e mi incavolo ancora quando perdo nelle partitelle».

Obiettivi?

«Mi piacerebbe aiutare la squadra a conquistar­e i playoff. Ci proviamo, anche se prima dobbiamo diventare squadra visto che siamo quasi tutti nuovi. Anche per me la C sarà tutta da scoprire: la faccio per la prima volta, anche se in questi anni la seguivo da tifoso del Lecce».

Nel girone A avrete come avversaria la Juve B. Che ne pensa di questa novità?

«Sono favorevole. Anzi mi dispiace che l’abbia sfruttata solo la Juve. Giocare in C è sicurament­e più utile ai giovani per crescere. L’anno scorso in Svizzera c’erano tanti ragazzi di 17 anni che giocavano titolari, da noi invece si perdono in Primavera».

Pensa già al suo futuro?

«Mi piacerebbe fare l’allenatore dei bambini. Insegnare calcio nei settori giovanili e nelle scuole. Riparliamo­ne tra un anno però...».

Ha avuto tanti tecnici importanti, a chi è rimasto legato?

«Devo tanto a Delio Rossi che è stato il mio maestro. Reja a Roma mi ha dato fiducia in un momento difficile (era finito fuori rosa per il mancato rinnovo del contratto nel 2009, ndr). Con Petkovic alla Lazio abbiamo vinto tanto, ma ricordo con piacere anche Gregucci a Lecce».

Lei ha giocato con la Nazionale italiana: che idea si è fatto della crisi che attanaglia il nostro calcio?

«Bisogna puntare sulle strutture per far crescere i ragazzi. Non ci sono i campi: servono centri sportivi dove far allenare i giovani. Riporterei lo sport anche nelle scuole, ma soprattutt­o servono allenatori e istruttori qualificat­i. Basta gente che stordisce i bambini con le lavagnette tattiche a 5-6 anni. Che tristezza!».

Quale consiglio si sente di dare ai giovani calciatori?

«Oggi i giovani vogliono tutto subito e ottengono le cose facilmente, non hanno più voglia di sacrificar­si. Perciò non capiscono il valore della conquista. Una volta, ad esempio, per arrivare in nazionale servivano due-tre campionati importanti di Serie A alle spalle, adesso invece bastano otto-dieci partite fatte bene. E poi spesso mancano valori come rispetto ed educazione, lo dico da papà (ha due figli, Alice e Daniel, ndr)».

Anche a Piacenza ritroverà il gusto del derby...

«Come dicono a Roma “i derby non si giocano ma si vincono”. So che è una partita speciale e spero di mantenere la tradizione positiva di quelli giocati con la Lazio».

A proposito: nove anni in biancocele­ste, quali sono stati i momenti più belli?

«La Coppa Italia vinta in finale contro la Roma è storia. Ma anche quella conquistat­a contro la Samp, poi ricordo il primo derby vinto: 3-0 con un mio gol. Porto nel cuore l’amore della gente laziale che ancora adesso mi riempie d’affetto, anche se non gioco più lì. Sono orgoglioso di essere stato il loro capitano».

Avrà la fascia anche alla Pro?

«L’ho indossata per Lecce, Lazio e Ternana. Le responsabi­lità non mi fanno paura, anzi mi stimolano molto. Se me la daranno, ne sarò onorato. La maglia numero 24? Beh, quella non si cambia».

C’è un centrocamp­ista su cui è pronto a scommetter­e per il futuro?

«Mi piace moltissimo Palacios del River Plate. È davvero forte e ha appena conquistat­o la nazionale argentina. Lo vedrei bene in Serie A».

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Cristian Ledesma, 36 anni, centrocamp­ista argentino naturalizz­ato italiano, a sinistra con le maglie di Lecce e Lazio, le sue prime squadre italiane. Sopra con la divisa della Pro Piacenza LAPRESSE- CAVALLI
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Ledesma in azzurro INSIDE

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