ANCELOTTI A NAPOLI CALMA NEL CICLONE
Il tecnico impegnato su diversi fronti
Nell’occhio del ciclone si vive tranquilli, è una legge della fisica che il calcio spesso adegua alle sue tempeste. Lampante la dimostrazione che ne dà Carlo Ancelotti, placido e sornione nel descrivere il suo approccio alla gara con la Fiorentina mentre: A) le previsioni sul pubblico del San Paolo rasentano il record negativo; B) cresce il timore che alcuni sconsiderati provochino la squalifica dello stadio in Champions; C) il sindaco De Magistris e il presidente De Laurentiis sono arrivati a una tale rottura sulla questione stadio che il primo forse oggi andrà a vedere la partita fra gli ultrà mentre il secondo pianifica lo spostamento delle gare europee a Bari; D) l’Enciclopedia Treccani inserisce «sarrismo» fra i neologismi riconosciuti, consegnando a una giusta nobiltà l’opera del suo predecessore, ma fatalmente alimentando la nostalgia nei suoi confronti.
Ce ne sarebbe d’avanzo per alzare entrambe le sopracciglia - la più scomposta delle reazioni conosciute di Ancelotti - e invece lui governa i marosi con una serenità da calma piatta. D’accordo, ne ha viste tante: Berlusconi sosteneva a «Porta a Porta» di stilare la formazione, dopo ogni sconfitta Abramovich gli mandava un inquietante sms con un punto di domanda, Florentino Perez gli faceva la forca infastidito dalla sua popolarità nello spogliatoio... A Napoli non c’è ancora nulla di ingestibile per un tipo capace di attraversare fischiettando questi campi minati; ma siccome chi ha tempo non deve mai aspettare tempo, Ancelotti ha ben presente la necessità di battere oggi la Fiorentina - e non sarà per niente facile - e di raccogliere tre punti martedì al Marakana di Belgrado, altro posticino sconsigliato dalle guide turistiche. Gli riuscisse il colpo doppio, la squadra tornerebbe in linea di buon galleggiamento all’interno di un avvio stagione che il calendario ha reso punitivo (incombono poi due trasferte a Torino in campionato e le gare di coppa contro Liverpool e Psg). Se il Napoli dovesse arrivare a fine ottobre in salute, magari un po’ ammaccato ma saldo sulle gambe, la successiva discesa potrebbe essere rilassante e pure maligna, visto che toccherà ad altri inerpicarsi sulle peggiori pendenze.
Nel giorno del «sarrismo» elevato a neologismo della bellezza calcistica, giusto Ancelotti poteva rispondere col sorriso alle ovvie provocazioni. Mourinho se ne sarebbe andato furente, Allegri avrebbe perorato la causa della vittoria come fine ultimo, Carlo ha raccolto la sfida giustificando senza amarezza l’assenza di un «ancelottismo». Se sei l’unico allenatore al mondo in grado di succedere sia a Mourinho (Real 2013) sia a Guardiola (Bayern 2016), e di vincere in entrambi i casi adattando il gioco trovato in tavola (in un caso carne rossa, nell’altro buffet vegano), è evidente il tuo camaleontismo.
Ipotizzare un punto d’arrivo napoletano dopo tre sole partite sarebbe prematuro, ma oltre allo sfruttamento programmatico della rosa in tutta la sua profondità principale discontinuità con Sarri numerosi indizi portano a un uso più frequente del 4-2-3-1. In quest’ottica, la curiosità riguarda l’uomo cui affidare i compiti del «sotto punta», come si dice oggi: A) una seconda punta come Mertens, leggera e sfuggente dietro l’ariete Milik? B) un solido incursore come Zielinski, il più «europeo» dei giocatori del Napoli? C) un recupero da trequartista di Insigne, che nella sua comfort zone mancina ha verosimilmente raggiunto il top, ma al centro può migliorare ancora? D) il ripescaggio di Hamsik, magari sgravandolo da troppi lavori di copertura e facendo lavorare le due ali? Molto più divertente (e utile) scegliere fra queste quattro opzioni, che non fronteggiare le altre quattro. Vero Carlo?