La Gazzetta dello Sport

FABIO PECCHIA

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NATO A FORMIA (LATINA) IL 24 AGOSTO 1973 RUOLO ALLENATORE ED EX GIOCATORE

Cresciuto nell’Avellino, dal 1993 è al Napoli. Nel 1996/97 alla Juve vince scudetto e Supercoppa italiana. Poi Samp, Torino, Napoli, Bologna, Como, Siena, Ascoli, Frosinone e Foggia.

DA ALLENATORE

Dal 2013 al 2016 è assistente di Benitez a Napoli, Real Madrid e Newcastle. La prima panchina al Verona: in due anni una promozione e una retrocessi­one. Attualment­e è fermo.

pesa nello spogliatoi­o. Già da allora aveva simpatia per l’Italia. A Manchester il preparator­e atletico Di Salvo lo aveva contagiato».

Chi era il leader di quel Real?

«Sono tutti numeri uno. Semmai ci sono dei punti d’incontro. Sergio Ramos, il duro, è l’icona spagnola. Ma Cristiano è Cristiano: non esagera mai, ma quando parla lui... Così Modric è prezioso. In campo ha la fiducia dei compagni, fuori porta armonia tra i big».

Anche lui ha voglia d’Italia.

«Buon segno per il nostro calcio. Non ama i proclami, è schivo, ma è un esempio. Quell’anno prese per mano Kovacic, appena arrivato dall’Inter».

La squadra era con voi?

«A Madrid c’era un’aria strana. Andammo via a gennaio, da secondi in Liga a soli 2 punti dal Barcellona. Ma soprattutt­o la nostra colpa era di far giocare Casemiro al posto di James o Isco. Cioè quel che anche Zidane ha fatto dopo. Ma, si sa, la storia la scrivono i vincitori».

Come fanno a non mollare mai?

«Merito della musica della Champions. Nel riscaldame­nto vedi i loro volti trasformat­i. L’adrenalina va a mille perché chi arriva al top ha sempre una marcia in più. CR7 ha un’energia speciale da trasmetter­e alla Juve, gli viene naturale. E il ruolo di parafulmin­e non gli pesa».

Che fine ha fatto l’avvocato Pecchia?

«A 36 anni a Bologna fui bocciato all’orale dell’esame profession­ale e lo presi come un segno del destino. Decisi di dedicarmi solo al campo».

Che è rimasto del leader sindacale?

«La lezione di vita dell’avvocato Campana. L’Aic ha combattuto battaglie importanti, ma dopo la sentenza Bosman il sindacato ha trovato troppi ostacoli. Resta uno spirito solidale, ma non basta».

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