IL KENIANO CHE SPOSTA I LIMITI UMANI
Dopo il record di Kipchoge alla maratona di Berlino
Alla fine resta un dubbio: l’uomo si sta avvicinando al muro delle due ore nella maratona perché progressivamente sta spostando i suoi limiti fisiologici o perché sulla terra è comparso un fenomeno come Eliud Kipchoge? Vista la fenomenologia di un campione di 33 anni che ha perso una sola (giungendo 2°) delle 11 maratone disputate è probabile che le 2h01’39 che ieri a Berlino hanno riscritto la storia dell’atletica sono più «farina» del sacco del keniano che di tutta l’umanità. E sicuramente alla scossa di 78” impressa al vecchio record hanno contribuito l’evoluzione dei materiali e l’applicazione di sofisticate teorie di allenamento alla naturale predisposizione dei keniani per le corse di lunga lena. Resta il fatto che proprio su queste colonne l’anno scorso, all’indomani delle due ore e spiccioli realizzate da Kipchoge in condizioni non omologabili all’autodromo di Monza (il famoso «Breaking2» della Nike), avevamo scritto testualmente: «Con la stessa prestazione psicofisica Kipchoge può correre in 2h01’30” a Berlino». Insomma la prestazione di ieri è lo specchio perfetto di quello che il keniano aveva già fatto vedere nelle straordinarie condizioni aerodinamiche di una pista di Formula 1 nell’alba primaverile brianzola. E forse eravamo stati perfino pessimisti visto che il «negative split» (il tempo della seconda mezza più veloce della prima) dimostra che Kipchoge potrebbe fare ancora meglio dopo aver testato a Berlino la sua resistenza veloce. Le profezie tecniche contenute nel libro «Due ore» del giornalista britannico Ed Caesar — lettura consigliabile a chi vuole approcciarsi alla storia che c’è dietro questo muro apparentemente distante — vanno riscritte alla luce dell’impresa di Kipchoge.
Il tema dei record, che tratteremo anche nel Festival dello Sport che la Gazzetta organizzerà a metà ottobre a Trento, deve insomma prendere in considerazione non solo l’evoluzione fisiologica dell’umanità ma anche le condizioni particolari in cui le prestazioni vengono ottenute (a Berlino si corre più velocemente di qualunque altra grande maratona del mondo) e la presenza di campioni capaci di anticipare i tempi, come potevano essere Jesse Owens ed Emil Zatopek e oggi è sicuramente Kipchoge. Forse non possiamo ancora dire che a questa categoria appartiene anche Kevin Mayer, il francese capace ieri di portare il record del decathlon a 9126 punti perché poi bisogna anche essere vincenti e il francese agli ultimi Europei si era ritirato dopo tre «umanissimi» nulli nel lungo. Ma questa domenica bestiale ci conferma che l’uomo continua a correre verso il futuro.