La Gazzetta dello Sport

«Gli arbitri ricorrano di più alla Var: l’avessi avuta anch’io...»

- ni.ce.

● Gianluca Paparesta, altri due casi di mancato utilizzo della Var. Eppure ormai il protocollo è arcinoto: da ex arbitro come se lo spiega? «L’errore di San Siro non riesco a capirlo: era un caso classico da rivedere con calma alla tv. E ci sarebbe stato rigore per i nerazzurri. Al Friuli è diverso, quello di Valeri è un infortunio: se interrompe l’azione fischiando precipitos­amente il fuorigioco di Berenguer il Var non può intervenir­e».

● Ritiene plausibile che parte della classe arbitrale sia nemica della tv perché ne sminuisce la centralità? «Nella passata stagione, dopo un logico rodaggio, le cose sono andate bene. Arbitri, spettatori, giocatori e allenatori si sono adeguati e hanno accettato anche volentieri questo aiuto: in fondo l’interesse generale è quello di eliminare il maggior numero di errori. Mi sembrerebb­e un clamoroso autogol se la classe arbitrale ripudiasse questo importante supporto: non lo credo. Magari avessi potuto usarlo io quando avevo dei dubbi. Penso che gli arbitri di adesso abbiano compreso che se modificano una decisione presa a caldo facendo ricorso alla tv, il loro prestigio non ne risente, ma aumenta. Giocatori, pubblico, dirigenti, sanno di potersi fidare, stimano di più chi sa correggers­i con umiltà e senso di giustizia».

● La Lega chiede di ampliare il protocollo: giusto?

«Indietro ormai non si torna e anzi si andrà senz’altro verso un uso più frequente della Var. Lo trovo giusto e aderente alla funzione dell’arbitro che deve garantire la regolarità e pure lo spettacolo. Meglio prendersi due minuti per fugare il dubbio di una scelta presa in un secondo che perseverar­e nell’errore. Il Mondiale ha dimostrato che si accettano i tempi tecnici».

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