SALVINI APPOGGIA MILANO-CORTINA
I GRILLINI: «NIENTE SOLDI DAL GOVERNO» SALA: «SE CI DESIGNANO, SOSTENETECI » MALAGO’: «TORINO E’ ANCORA IN TEMPO»
Gli italiani, è cosa nota, danno il meglio di sè nell’emergenza, quando la partita sembra irrimediabilmente perduta. Per orgoglio, per quell’arte di arrangiarsi che è per noi cruccio e letizia. Per il Cio, in queste ore così incerte, è una speranza, e il motivo per cui da Losanna continuano a darci credito. La candidatura di Milano e Cortina ieri ha esordito ufficialmente sui «banchi» del Comitato olimpico internazionale: un primo test molto tecnico e molto poco politico, per nostra fortuna. Un passaggio che probabilmente avremmo superato comunque, ma a cui era doveroso sottoporsi per poter dire di essere ancora vivi.
SENZA SOLDI Per dirla alla Giovanni Malagò, confidiamo in una «soluzione ai tempi supplementari». Il guaio è che siamo sotto di un gol e dobbiamo recuperare, in credibilità e consenso. L’overtime lo stiamo giocando senza il sostegno di Torino, che si è chiamata fuori e al momento non concede ripensamenti, e con l’aperta ostilità del M5S (salvo poche eccezioni ancora isolate). «Lo Stato non può metterci i soldi, Milano e Cortina si trovino le risorse», ripetono ormai come un mantra i vertici del Movimento. Un concetto che in serata ha ribadito anche il sottosegretario Giorgetti, per il quale la candidatura tridente è «definitivamente tramontata», mentre per quanto riguarda il governo «se vogliono andare in due, devono trovare i fondi».
NUOVO FRONTE L’ostilità dei Cinque stelle è un elemento preoccupante, ora e in prospettiva. Si tratta pur sempre del primo partito d’Italia e dell’azionista di maggioranza del governo gialloverde. Sull’altro fronte, però, si sta mettendo insieme un fronte con Lega, Pd e Forza Italia. Il partito di Berlusconi ieri si è schierato ufficialmente: «Avanti tutta con la candidatura di Milano e Cortina: un progetto vincente che il governo deve sostenere», l’appello congiunto del senatore Adriano Galliani e dell’onorevole Marco Marin, responsabile del Dipartimento Sport di Forza Italia. Tra l’altro, ieri mattina sulle scrivanie di Palazzo Chigi circolava un sondaggio in base al quale l’atteggiamento sulla questione olimpica avrebbe fatto guadagnare subito consensi alla Lega e perderne ai Cinque stelle. Non a caso, ieri mattina, poco prima che la delegazione guidata da Diana Bianchedi si presentasse ai tecnici del Cio, Matteo Salvini ha ribadito il suo sostegno alla candidatura: «Come cittadino, padre di famiglia, sportivo e vicepresidente del Consiglio vi dico che farò tutto il possibile anche economicamente perché le Olimpiadi si facciano in Italia». Endorsement migliore non poteva esserci. «Se Torino si ritira per motivi politici, il dovere del governo è sostenere chi non si ritira – ha rincarato la dose il ministro degli Interni –. Mi piaceva il progetto che coinvolge l’intero arco alpino, ci sono rivalità di campanile ma se un progetto è utile a 60 milioni di italiani il mio dovere è andare avanti».
COERENZA Va avanti per la propria strada Chiara Appendino, nonostante il pressing del Governatore del Piemonte Sergio Chiamparino, che al momento non ha fatto breccia, ma forse qualche dubbio potrebbe averlo generato, anche nella sua maggioranza. Meglio un pezzetto di Olimpiade che niente? Qualcuno comincia a pensarlo, anche tra le imprese del territorio, furibonde. Lei, però, è intransigente. «L’errore di fondo è stato provare a costruire una candidatura a tre – ha sottolineato ieri –. Sono candidature complesse, ma Torino non ha mai detto no al tridente ed è falso che siamo stati noi a farlo saltare». Le ha risposto il sindaco di Milano Beppe Sala. «Escludere Torino non è stata una decisione. Non so se rientrerà nella partita ma dal mio punto di vista rimane come condizione quella che ho sempre posto, cioè che Milano sia prima nel nome». Sala ha spiegato anche come è nata la candidatura alternativa con Cortina. «Tutto si è sbloccato con una telefonata che Zaia mi ha fatto all’alba per dirmi che il tempo stringeva e bisognava trovare una soluzione diversa, io ho accettato a patto del rispetto delle mie richieste».
SPERANZE Quella di Beppe Sala chiama in causa il Governo. «Se ci portiamo a casa la designazione a settembre dell’anno prossimo, vedremo se il governo potrà cambiare idea. In sette anni tante cose possono cambiare». Quella di Giovanni Malagò non molla del tutto Torino. «È ancora in tempo per ripensarci. Peccato, eravamo ad un centimetro da una cosa vincente e potevamo dimostrare di essere un Paese che supera gli steccati e si vuole bene. Ma tutto può succedere ancora». E chissà se lo dice con convinzione o per disperazione.