JUVENTUS DI FERRO E ROMA D'ARGILLA
Certezze e timori dopo la prima in Champions
La trasferta spagnola di Juve e Roma nella prima gara di Champions ci regala una certezza e un timore. La squadra di Allegri è di ferro, attrezzata per arrivare fino in fondo e vincere tutto. Ieri ha dimostrato una capacità impressionante di creare occasioni e governare la partita. Ha vinto in 10 su un campo difficile, cui si è aggiunto un arbitro che, nonostante i due rigori concessi e trasformati da Pjanic, si è inventato l'espulsione di Ronaldo e il rigore per il Valencia parato da Szczesny. Il timore è invece legato alla Roma strapazzata dal Real: la squadra che lo scorso anno ha fatto innamorare tutti sembra essersi dissolta come neve al sole e - almeno oggi - non esiste più.
Il consiglio che diamo a Ronaldo quando tornerà in Champions dopo la squalifica è di portarsi un pettine in campo, perché se gli rivenisse voglia di accarezzare i capelli a un avversario, come ha fatto con Murillo, sa che può costargli caro. Un rosso talmente esagerato (al massimo era un giallo) da giustificare la disperazione quasi infantile del portoghese. Ha pianto come un bambino CR7 davanti all’ingiustizia. Immaginava diversamente il ritorno da avversario in Spagna, la 158a presenza in Champions con 121 gol e finora mai un rosso. Chissà se con la maglia del Real avrebbe ricevuto lo stesso trattamento... Ma soprattutto è ancora possibile che nella competizione più prestigiosa ci si debba affidare alle indicazioni di un fantasioso giudice di porta, quando siamo nell’era della Var e della tecnologia?
La gara che si era improvvisamente complicata per i bianconeri, che fino al rosso avevano dominato, ha comunque certificato una cosa: in questa Juve Ronaldo è la ciliegina, non la torta. Questa, anche senza di lui, è già una squadra da Champions (e lo ha di mostrato raggiungendo due finali in quattro anni), Cristiano servirà a spostare gli equilibri di una semifinale o una finale, non ad arrivarci.
Mentre la Juve mostrava i muscoli, a 360 km di distanza a Madrid, il Real dimostrava di riuscire a sciorinare calcio anche senza il suo ex Fenomeno. Se CR7 non è riuscito a spettinare Murillo, gli ex compagni Bale e Benzema, Modric e Isco hanno fatto venire i capelli dritti alla Roma travolta ben oltre il 3-0 a finale. Non c’è stata mai partita. I giallorossi hanno sofferto dal primo all’ultimo minuto, subito il Real, rischiato un’imbarcata storica contro un'avversario enormemente superiore. Poteva finire con 5-6 gol di scarto. La Roma è stata salvata in molte occasioni da Olsen in versione miglior Alisson, in altre dai recuperi disperati in scivolata di De Rossi (unico a salvarsi col portiere), in altre ancora dalla traversa, dagli errori o dalla mira sbagliata dei giocatori del Real. Non si poteva pretendere dalla Roma il miracolo di vincere a Madrid, si poteva però sperare in una prestazione meno incolore e passiva, più ricca di carattere, coraggio, gioco, convinzione. Il percorso in Coppa non viene certo compromesso da questa sconfitta, ma i motivi di preoccupazione sono tanti. Uno stato atletico ai minimi livelli, prestazioni individuali imbarazzanti: dal lentissimo Nzonzi allo svagato Fazio, dall’irriconoscibile Kolarov al depresso Dzeko. Sembravano giganti dai piedi d’argilla. E anche la scelta a sorpresa di Di Francesco di far esordire il baby Zaniolo al Bernabeu (non aveva ancora mai fatto nemmeno un minuto in Serie A) più che un atto coraggioso, è parso un azzardo eccessivo, durato 54 minuti. La crisi di gioco, carattere e identità della Roma è aperta. Serve una svolta.