La Gazzetta dello Sport

LA STAMPELLA DELL’UTOPIA

Il Maestro, più forte della malattia, resta al comando dell’Uruguay

- Di ALESSANDRO DE CALÒ

Pensavamo che il sipario fosse calato quel giorno di luglio, a Novgorod in Russia, quando la ghigliotti­na dei Blues di Griezmann e Mbappé aveva tagliato fuori l’Uruguay dal Mondiale. Con la Celeste, se ne andava anche il Maestro che l’aveva conquistat­o. Vinto non con i gol sul campo, ma con quella stampella che, tenendo in piedi la sua utopia, ha insegnato a tutti noi come va affrontata la vita, anche quando ti prende per mano e ti trascina in un calvario, il tuo Calvario. Ci ha toccato il cuore, la pancia, la testa. Il profesor Tabarez, mostrando il suo corpo martoriato da una malattia neurodegen­erativa, ha dato una magnifica lezione e tanta forza a molti malati, a chi li cura e continua ad amarli. Milioni di persone. Anche dentro alla sofferenza e al vortice che inghiotte e consuma, ci può essere una stampella che spinge avanti l’utopia, che aggiunge vita a vita e non teme di essere esempio, testimonia­nza. Pensavamo che l’ultima panchina di Oscar Washington Tabarez fosse quella, col contratto in scadenza, sullo slancio esaurito di una generazion­e d’oro della Celeste. I Godin, i Suarez e i Cavani sono campioni che hanno virato la boa dei trent’anni. Sbagliavam­o. Il Maestro, che di anni ne ha 71, va avanti. Attenzione, niente è patetico in questa storia. Comanda la necessità. In Uruguay, Tabarez viene considerat­o un padre della patria. Da molti, non tutti. Il suo essere percepito come ottimista, utopista, di sinistra, spacca. Si lavora per la sistemazio­ne di una sua statua nel piazzale del Palacio Municipal della capitale. Il ministro della Cultura ricorda che il Maestro ha «insegnato valori importanti per la convivenza tra le persone», ma c’è chi protesta. Nessuno, invece, può negare che Tabarez sia stato l’ideologo di un piano che ha riportato l’Uruguay ai vertici del calcio mondiale e ha riacceso l’orgoglio della gente. Nessun allenatore di una nazionale è durato tanto. Nessuno può sostituirl­o. La colonna sonora del suo canto alla durata è fatta di parole scritte da Madre Teresa di Calcutta che il tecnico ripete spesso, come un mantra: «Quando tutti si aspettano che abbandoni, vai avanti / quando per l’età non puoi più correre, trotta / quando non puoi più trottare, cammina / quando non puoi camminare, usa il bastone». Come fanno i giocatori a non seguirlo? Il mondo si cambia con le parole e con l’esempio, qualcuno riesce a farlo fino in fondo. Pensavamo che il sipario fosse calato in Russia, invece la storia va avanti, punta la Coppa America in Brasile, il Mondiale in Qatar. La stampella funziona, l’utopia continua, Ancora un passo. E un altro. Adelante, ancora. Grazie per la lezione, Maestro.

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