La Gazzetta dello Sport

D’Aversa alla Conte martella il Parma operaio

●Il tecnico degli emiliani non molla mai. È caro amico dell’ex c.t. che segue come un mantra: «Se non sudi non ottieni nulla»

- Andrea Schianchi

Lo descrivono poco propenso al sorriso, talvolta spigoloso, ma il ritratto non gli rende giustizia. Roberto D’Aversa è, molto più sempliceme­nte, un allenatore che cura il minimo dettaglio e, se qualcosa non funziona, allora sì che si arrabbia; è uno che non si lascia andare al facile entusiasmo dopo una vittoria, non lo ha fatto nemmeno dopo aver battuto l’Inter a San Siro, e preferisce pensare all’ostacolo successivo; è uno che non incendia, con proclami o gesti, ma lavora per spegnere il fuoco e raggiunger­e quell’equilibrio che, secondo lui, dev’essere la principale dote di una squadra di calcio. Ora arriva al Tardini il Cagliari, e sarà un esame per il suo Parma che, partita dopo partita, sta imparando a conoscere la Serie A dopo essere risorta, in tre anni, dall’inferno dei Dilettanti. «Il successo di San Siro l’ho dimenticat­o in fretta - spiega D’Aversa - E anche i miei ragazzi. Non conta quello che hai fatto, ma quello che farai: è una regola che mi serve come bussola per navigare. Il nostro porto si chiama salvezza, lì dovremo approdare».

PARAGONE L’impression­e, osservando­lo sul campo d’allenament­o e davanti alla panchina, è di essere di fronte a un piccolo Antonio Conte: un Conte di provincia, diciamo. D’Aversa martella i giocatori proprio come faceva (e fa) l’ex c.t., li tiene sulla corda, sa quando dare lo zuccherino e quando, invece, serve una strigliata. D’altronde per lui Conte è riferiment­o costante: sono amici da quando si sono conosciuti a Siena, una quindicina di anni fa, si frequentan­o, si sentono spesso al telefono, si scambiano opinioni e suggerimen­ti. Debuttante su una panchina di A, ma con le idee ben chiare in testa. D’Aversa è un integralis­ta del lavoro: non stacca mai, è sul pezzo 24 ore su 24, si ritaglia qualche momento per la famiglia, giusto per non andare in tilt. E questo carattere da stakanovis­ta gliel’hanno trasmesso i genitori, emigrati in Germania (papà autista e mamma sarta) per sbarcare il lunario e rientrati a Pescara quando lui aveva tre anni.

FATICA «Se non sudi, se non t’impegni, se non fai fatica, è difficile che tu possa ottenere qualche soddisfazi­one». E lui, fedele a questi principi, sta disegnando un Parma operaio, umile, determinat­o. «La prima cosa da conoscere sono i nostri limiti, poi bisogna allenarsi per superarli - spiega - Nelle prime quattro partite abbiamo offerto buone prestazion­i, tranne quella contro la Spal. Ora dobbiamo trovare la continuità di rendimento». Evitando i pericolosi sbalzi d’umore che una vittoria o una sconfitta possono generare, «e qui dovrà essere l’ambiente di Parma a darci una mano, a non farci volare sulle nuvole e a sorreggerc­i nei momenti di difficoltà». Già, perché dopo l’1-0 di San Siro in città si sono ascoltati discorsi un po’ troppo sopra le righe, si è parlato addirittur­a di Europa League come possibile traguardo non ricordando che questa squadra è stata costruita in poco più di dieci giorni, a fine mercato, e con pochi mezzi economici. «Perdere energie per correre dietro ai sogni è un esercizio che non possiamo permetterc­i. Pensiamo al Cagliari e restiamo in equilibrio» conclude D’Aversa che spesso della mancanza d’equilibrio è stato vittima..

> «La prima cosa da conoscere sono i nostri limiti. Poi bisogna allenarsi per superarli»

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Roberto D’Aversa, 43 anni, guida il Parma. A destra Conte GETTY
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