IL COLOSSO RUSSIA ESEMPIO DI DISCIPLINA
Non ho detto molto in giro di questa bella collaborazione sulla Gazzetta, tant’è che i miei genitori l’hanno scoperto pochi giorni fa, e quindi dopo avermi fatto un po’ di domande, mia mamma senza troppo girarci intorno mi ha chiesto:
«Ma sulla Russia cosa scrivi? Ci sei stato solo una volta, mannaggia». Io per tranquillizzarla le ho detto «Mamma, lascia stare. Sono nelle canne», ovvero in difficoltà. Con la tenerezza materna ancora addosso mi rimetto a scrivere e penso a quell’unica volta che sono andato in Russia, dove avevamo due gare di World League da disputare.
Nel 2013 andammo a Surgut, una città dispersa da qualche parte in Siberia e secondo me non una delle perle di bellezza russe. Pensando alla Russia, a tutti verranno in mente parecchie cose, tra le tante che sono venute a galla nella mia testa, c’è la Transiberiana, che un giorno non lontano farò, e il senso di disciplina. Sportivamente parlando, la nazionale russa è spesso stata uno dei colossi da battere sul campo, ricordo veramente tante importantissime battaglie contro di loro. Nelle Final six di World League, sperando che la mia memoria non mi abbandoni, perdemmo in semifinale con loro e lo stesso anno perdemmo la finale dell’europeo. Nel 2015 invece li battemmo durante la World Cup in Giappone in una partita chiave che ci regalò il sogno di essere qualificati per i Giochi olimpici di Rio, e sempre nello stesso anno li avevamo sconfitti anche ai quarti di finale dell’Europeo 2015. Ho parlato di disciplina perché credo possa essere una qualità e una peculiarità della mentalità russa. In un’intervista a Katia Serra, ex calciatrice e responsabile settore calcio femminile, che avevo letto, lei parlava di quanto la disciplina sportiva potesse favorire l’integrazione tra i ragazzi e di quanto potesse accompagnare nella quotidianità ognuno di noi. Ho avuto la fortuna di avere dei grandi allenatori che mi trasmettono e hanno trasmesso questo senso di disciplina. Una disciplina che va vissuta e interpretata personalmente, per poi poterla condividere con la propria squadra; lo sport di squadra è musica e la bella musica non avviene suonando a casaccio, e non parlo di musica che piace o no, parlo di musica bella. Ci sono anche le squadre che giocano bene e quelle che giovano meno bene, ma la bellezza dell’essere squadra e del suo gioco non è la stessa cosa. Non interpreto la parola disciplina come un lemma duro, rigido, bensì la leggo come fosse un filo che unisce più persone, valori e cose. All’inizio i genitori possono avere questo compito di lasciarci un pezzetto di filo in mano, poi arriveranno i professori che hanno questo onere e nonostante oggi magari non sia sempre facile essere insegnanti, abbiamo bisogno di bravi maestri che continuino a consegnarci e a
farci allungare questo filo. Gli allenatori non sono molto lontani dai professori e hanno il medesimo compito, e alla fine ci siamo noi, che a un certo punto siamo più o meno grandicelli e dobbiamo provare a legare il nostro filo e condividere il più possibile il nostro essere con la collettività. Tutto questo credo possa rientrare sotto questa bella e foneticamente dura parola chiamata Disciplina.