Da una notte flop al destro magico Marcelo torna Epic
●Brozovic: «Dobbiamo solo vincere, vincerle tutte Questa è l’Inter e queste sono partite importanti»
Odi et amo. Il disastro e l’epica. Un attimo prima a 10 punti (virtuali dalla Juve), un attimo dopo al bis della vittoria in Champions. Questa è l’Inter delle contraddizioni, dei verdetti ribaltati, delle coronarie che saltano, degli urli strozzati e di quelli irrefrenabili. In perenne equilibrio fra l’abisso e l’esaltazione, capace di incartarsi e risorgere. E chi può rappresentare una squadra così, fra alti e bassi, meglio di Marcelo Brozovic? Il croato ha vissuto l’intera storia interista alle prese con salite da spezzare le gambe e discese vertiginose, come nemmeno in un tappone alpino. Quando sembra affondare, risorge. Quando sbaglia tanto, lotta per recuperare. E poi si ritrova ad esultare, con quei capelli biondi che di colpo ai tifosi interisti sembrano bellissimi.
VINCERLE TUTTE Lui dubbi non ne ha mai avuti, né sui capelli né sulle sue possibilità di imporsi in questa Inter. Se c’è una cosa sicura, è la fiducia nei suoi mezzi. E anche in quelli della squadra: «Noi dobbiamo solo vincere. Vincerle tutte, perché questa è l’Inter e queste sono partite importanti». Marcelo è consapevole che la partita ha avuto due volti, con i nerazzurri ancora un po’ in difficoltà nel primo tempo e poi nettamente cresciuti nella ripresa: «Abbiamo sbagliato tanti passaggi nei primi 45’, poi siamo migliorati. E’ stata dura, ma abbiamo vinto all’ultimo e siamo contenti. Dobbiamo continuare così». Continuità: è stata la parola chiave legata a Brozovic, da quando è ripartita la stagione. «Epic» quest’anno è rientrato ad Appiano con un altro status: motore dell’Inter, vice-campione del mondo, centrocampista affidabile. In estate ha provato ha mollare un po’ del peso delle responsabilità (del gioco) sulle spalle di Modric, ma il giochino non dipendeva solo da lui, e non ha funzionato. Così il biondo è diventato il fulcro. E non sempre, in questo inizio, le cose hanno funzionato come con la maglia a scacchi. Là doveva coprire Luka e Rakitic, qui gli tocca far girare la squadra diventandone il centro di gravità permanente. La fase difensiva è sempre stata una costante, con decine di palloni recuperati. Qualche tempo fa sarebbe bastato, ma oggi tutti si aspettano di più dal numero 77: a Genova, contro un centrocampo a tre a cui si aggiungeva la pressione del trequartista Ramirez, ha inizialmente faticato. I primi due lanci sono stati sballati, nel primo tempo i passaggi raramente sono arrivati a destinazione, a meno che si trattasse di appoggi al vicino.
NON MOLLARE Brozovic con quella forza interiore che ha acquisito non ha mollato, come gli succedeva un anno fa di questi tempi. Piano piano ha ricominciato a ricucire e a cercare la giocata: un’apertura vincente su Candreva (che troverà il palo) segna la svolta, da lì sbaglierà poco, e quando sbaglierà, rimedierà in tackle. Alla fine i palloni giocati saranno 90, i passaggi completati 60, i lanci positivi 9, i contrasti vinti 5. Tutti numeri al top della squadra, così come al massimo sono anche i palloni persi, 21. Del resto, siamo o no di fronte alla rappresentazione della contraddizione? Ma se i numeri possono scivolare via, restano i 3 punti di una classifica che altrimenti sarebbe stata da «andamento lento». È il suo destro a fare la differenza, su cross deviato dello «scudiero» Perisic. Sì, altre volte i ruoli sono stati invertiti: ma al Ferraris la faccia «epica» è quella di Brozo.