A Milano 46 anni fa un diluvio di reti E il portiere dell’Atalanta chiese di uscire
●Il 15 ottobre del 1972 finì 9-3 per il Milan: è tutt’ora il record di gol per una gara di A. Rivera consolò gli avversari
Domenica 15 ottobre 1972, Milano, stadio di San Siro: qui scoppia la rivoluzione. Improvvisa, inattesa, persino violenta nella sua manifestazione perché nessuno era preparato a una cosa simile. Accadde questo: in un campionato che, dopo due giornate, aveva visto la miseria di 26 gol ed era il più povero d’Europa, di colpo ne piovvero 12 nella stessa partita. Un record che resiste tuttora. MilanAtalanta, quel giorno, si concluse con il clamoroso punteggio di 9-3 e con la faccia perplessa di Annibale Frossi che lasciava la tribuna di San Siro e si chiedeva dove fosse l’errore, lui che era stato il teorico dello 0-0 come risultato perfetto. Una settimana prima il Corriere della Sera aveva denunciato con un’approfondita inchiesta il solito vizio italico del difensivismo come primo obiettivo di ogni squadra. La smentita fu fragorosa, anche se il seme della rivoluzione, piantato quel pomeriggio nel prato di San Siro, non attecchì e presto si tornò alla tradizione e ai suoi vecchi adagi. Alla fine di quel campionato i gol furono 449, segnati in 240 partite: la media fu di 1,87 a gara. Non proprio un dato da incorniciare.
ABBUFFATA Chi si recò a San Siro, però, si godette uno spettacolo davvero meraviglioso. Dodici gol, uno dietro l’altro, in un intrecciarsi di emozioni da far girare la testa. Certo, i tifosi dell’Atalanta non la presero bene e assediarono gli spogliatoi indirizzando il solito coro «Venduti! Venduti!» ai poveri giocatori, che le avevano buscate sul campo e ora rischiavano la pelle anche a percorrere quei pochi metri che li separavano dal pullman. L’allenatore Corsini si scusò pubblicamente. Disse: «Non ci sono giustificazioni per una squadra che subisce nove gol. Ci dispiace». Il portiere dell’Atalanta, Pietro Pianta, alla settima rete dei rossoneri chiese la sostituzione: gli girava la testa, non ci capiva più nulla. Dopo la partita dichiarò: «Una batosta del genere, per un portiere, può essere una macchia che sporca un’intera carriera». I compagni lo consolarono. E anche gli avversari: Rivera entrò nello spogliatoio dell’Atalanta e gli mise una mano sulla spalla per fargli coraggio. Il tabellino della partita recitava così: Prati al 16’, Bigon al 30’, Divina (Atalanta) al 33’, Rivera al 35’, Benetti al 40’ del primo tempo; Chiarugi al 5’, Rivera al 7’, Ghio (Atalanta) al 9’, Prati al 10’, Bigon al 19’, Carelli (Atalanta) al 43’, Prati al 45’ del secondo tempo. Nereo Rocco, amante più della difesa che dell’attacco, non si smentì: «Mi dà fastidio aver incassato tre gol, più che averne realizzati nove». Burbero e incontentabile, il Paròn, nonostante Frossi, il giorno successivo, sul Corriere tessesse le lodi del gioco offensivo rossonero.
LIBERTÀ A spiegare quella stralunata giornata vengono in aiuto le parole che, sempre sul Corriere della Sera, Roberto Milazzo utilizzò per raccontare la partita: «A un certo punto persino il tabellone elettronico di San Siro ha perso il conto dei gol. Ed era il decimo minuto del secondo tempo. Poco dopo sono andati in crisi anche i bambini sugli spalti, quelli più piccoli che conteggiavano le reti sulle dita delle mani. E forse negli ultimi minuti si è trovato in seria difficoltà anche l’arbitro Giunti che non aveva più spazio sul taccuino per fissare il numero e i nomi dei marcatori». Proprio così, quella domenica erano saltati gli schemi e il calcio aveva ritrovato la libertà.