La Gazzetta dello Sport

Addio Lienhard, il totem del Bronx che a Cantù parlava brianzolo

●Si è spento a 70 anni a Como il pivot Usa diventato italiano in campo e fuori facendo la fortuna della grande Forst

- Andrea Tosi

● I trofei vinti da Bob Lienhard con Cantù: 1 scudetto (1975), 1 Coppa Interconti­nentale (1975), 2 Coppe delle coppe (1977, 1978), 3 Coppe Korac (1973, 1974, 1975) ● Le stagioni di Lienhard con Cantù: dal 1970-71 al 1976-77 con la maglia della Forst (nel 1976-77 come straniero di coppa) e nel 1977-78 con la Gabetti

Dopo una lunga e feroce malattia, ci ha lasciati Bob Lienhard, il totem del Bronx che ha fatto parte dell’epopea di Cantù, uno scudetto e sei coppe internazio­nali, nel pieno degli anni 70. Lo piangono insieme il basket italiano, di cui è stato un pioniere nell’era moderna, e il club brianzolo che sul suo sito ha definito questo tragico lutto «una perdita dolorosa per tutti i tifosi canturini e non solo». Si è spento nella sua casa di Como, la sua ultima residenza, aveva 70 anni, dal 1980 era diventato italiano per matrimonio, uno status che lo abilitò solo nelle categorie minori, a Treviglio e Monza, dopo avere lasciato Cantù e la serie A definitiva­mente. Allora i regolament­i sulle naturalizz­azioni erano diversi e prevedevan­o un declassame­nto che alla lunga spinse Bob a ritirarsi a 35 anni.

MILANESE MANCATO Lienhard in Brianza è stato più di un pivot ben strutturat­o dall’alto dei suoi 208 cm e stazzato sui 110 kg, la sua figura di giocatore-squadra sublimò la crescita del trio di big italiani Marzorati-RecalcatiD­ella Fiori fino alla conquista del secondo scudetto della storia canturina, datato 1974/75, un successo che diede la stura ai trionfi europei (due Coppe delle Coppe, tre Korac più l’Interconti­nentale) che fecero della piccola Cantù una potenza continenta­le. La sua storia italiana curiosamen­te iniziò a Milano nell’estate 1970 quando coach Sandro Gamba lo chiamò al Simmenthal. Lienhard venne testato in un’amichevole contro Cantù: non fu giudicato idoneo per l’Olimpia ma apparve il pivot perfetto per il club del presidenti­ssimo Aldo Allievi che lo arruolò all’istante. «Milano prese Kenney, io andai alla Forst (lo sponsor canturino). Fu la mia fortuna» rivelò Bob. Otto anni in Brianza avviarono il suo processo di italianizz­azione completato col matrimonio con Angela, canturina doc.

RICORDI «L’ultima volta che l’ho visto risale a fine agosto — dice con la voce rotta dall’emozione

Charlie Recalcati, compagno di Bob in quella grande

Cantù —. Era sofferente ma non si commiserav­a. Bob è stato un grande uomo e giocatore, un esempio morale dentro al nostro spogliatoi­o. Quando arrivò in Italia era un ragazzo semplice, non se la tirava perché era americano, era curioso di tutto, sembrava uno junior aggregato alla prima squadra. Tecnicamen­te era un pivot vero, un classico uomo d’area, ottimo rimbalzist­a offensivo e bravo passatore». I ricordi sono tanti: «Si è subito inserito e tutti gli volevamo bene. Quando d’estate arrivavano americani in prova noi li boicottava­mo passando sempre la palla a Bob perché volevamo che il club lo confermass­e. Era diventato un italiano vero, nei gusti e nei modi, tanto che si esprimeva in dialetto brianzolo. Purtroppo lo hanno illuso i regolament­i sulla naturalizz­azione ma era più italiano lui di quanto lo siano oggi Burns e Brooks».

VINO Un suo avversario è stato Chuck Jura, americano della Pallacanes­tro Milano. Chuck e Bob erano molto amici. «Noooo è morto Lienhard — grida dal telefono Jura dalla sua casa in Nebraska —. È una notizia che mi addolora e distrugge. Quando arrivai in Italia, Bob era già lì da qualche anno e mi aiutò a integrarmi. Grande persona, un avversario difficile da smuovere sotto canestro. Il mio coach Sales mi diceva di stargli alla larga e di correre per il campo. Fuori, ci trovavamo per le cene di gruppo. Io all’inizio bevevo Coca Cola, lui - ormai italiano al 100% - mi disse: “Che cosa stai facendo? Assaggia questo. Era vino...”. Le sue qualità erano ideali per il sistema della Forst che aveva italiani forti. Io allora segnavo 35 punti di media ma non sarei stato capace di giocare bene come Bob in quella Cantù».

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LA PAROLE

Il compagno Recalcati: «Grande esempio morale nello spogliatoi­o»

L’avversario Jura: «Gli giravo al largo. Difficile spostarlo sotto canestro»

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Bob Lienhard nell’anno dello scudetto contro Kim Hughes, ex Milano

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