Azzurro vivo Tutto facile contro un Toro irriconoscibile
● Napoli superiore in ogni zona del campo: segna pure Verdi. Inutile il rigore di Belotti
Il risultato è il sunto fra il miglior Napoli della stagione e il peggior Torino. Ma depurato dalle enormi colpe altrui, il 3-1 è anche il riflesso di tanta qualità abbinata alla sagacia tattica. Perché ci sono i singoli, vedi la cremosa condizione di Lorenzo Insigne; ma è determinante anche una distribuzione meno meccanica e più sorprendente dei movimenti d’attacco. E siccome questi vengono effettuati da attori diversi rispetto ai soliti, fanno scoprire l’esistenza di ulteriori orizzonti.
I MOTIVI Con Verdi al posto di Zielinski, in quell’ibrido tra esterno sinistro, trequarti e centro area; e con Mertens per il centravanti di stazza, l’imprescindibile (sembrava) Milik, pare che il turnover sia anche una sessione sperimentale per AFP approvare nuove soluzioni, in una banda che aveva segnato una volta nelle tre uscite precedenti. Invece ne esce una gioiosa sintonia tra intenzioni ed evidenza dei fatti. Il Napoli fa credere di essere disposto a 44-2, invece è 4-2 (Hamsik e Rog) e altri quattro che volteggiano sulle mancanze del Torino. Insigne, portato al fianco della punta principale, diventa un killer da area che stende le sue vittime al minimo tremore, che sia un rinvio sghembo di Moretti (1-0) o una respinta da palo (di Callejon, nel 3-1). Lorenzo ondeggia pure sulla trequarti o dà il cambio a Verdi. Mertens vibra tra sovrapposizioni e strappi laterali che mandano al macero le opposizioni; Verdi parte dalla periferia per azionare e chiudere il contropiede, così si guadagna la prima rete in azzurro. E Callejon è il più lineare, anche perché il Napoli (questa sì è un’eredità sarriana) pende spesso dall’altro lato; però lo spagnolo non manca di farsi trovare sui cambi. I quattro creano in tutto 9 occasioni, mettono subito il Torino in un frullatore: due gol, altre tre chance e quattro angoli nei primi 30 minuti. Poi diventa una partita quasi normale.
TORINO DA INCUBO Walter Mazzarri conosce Napoli e il Napoli, fra ambizioni e fatalismo, eccessi e malinconie. Ha pur sempre portato nel golfo la Coppa Italia del 2012. Ma i napoletani sanno tutto di lui, della sua natura pragmatica, deliziosa nelle difficoltà, esagerata nella superiorità. Non se ne curano, anche perché i granata sono dei fantasmi e l’allenatore non lo nasconde. Dice che ne avrebbe cambiati otto o nove, perché non è il Torino di Udine e nemmeno quello della rimonta sull’Inter. Sempre battuto sui lati, non ha nemmeno la reazione dell’orgoglio, perché quando gli altri si rilassano un poco e Belotti si avvicina su rigore, manca la furibonda voglia di ribaltare il proprio destino. Il Toro proprio non ce la fa, nonostante i cambi di posizione dell’allenatore: per dare l’idea, in tre (Rincon, Meité e Baselli) ci provano da registi e vengono bocciati da Walter. Il dubbio è capire se si sia trattato di giornata nera collettiva o di sgonfiamento generale.
PERSONALITA’ NAPOLI Ancelotti gestisce i suoi con altre novità, tipo Luperto e Rog titolari, e la consapevolezza di saper insegnare a un gruppo abituato ad andare sempre a mille, anche con 10 gol di vantaggio, quando coprirsi, rallentare, governare la rabbia altrui. Che poi non è che il Napoli si congedi sul 3-1, dopo un’ora. Cerca altre possibilità, ma con raziocinio e quasi conservando le energie. Sabato tornerà a Torino, città ospitale e amica nella parte granata perché questa è la quarta vittoria consecutiva in casa del Toro. L’ultima volta il Napoli vinse anche con la Juve, ma l’esaltazione durò una settimana. «Non ci interessa essere l’anti di qualcuno», sussurra il tecnico. «Ma vedremo presto cosa siamo». Sabato arriva in fretta .
LO SCHEMA Vincente il turnover di Ancelotti: fa credere agli avversari di usare il 4-4-2, invece è un letale 4-2-4