La Gazzetta dello Sport

DOMENICA IN SPAGNA HO «PRANZATO» LEGGERO

- Di DANILO PETRUCCI

È

la solita scena. Lunedì mattina, qualche aeroporto in giro per l’Europa, seduto su qualche aereo che mi riporta a casa, guardo fuori dal finestrino. Da diversi anni funziona così, c’è chi il lunedì mattina va a lavorare e io invece torno a casa, pensando alla gara del giorno precedente. Se mi chiedono se mi ricordo esattament­e quanto successo nella gara di ieri dovrei dire di no. Ho fatto oltre un centinaio di gare in MotoGP e questa sicurament­e tra un po’ di anni non me la ricorderò più, così come tante altre purtroppo. Non che abbia fatto male, ma di sicuro non è successo niente di che. Metti un pareggio fuori casa, di quelli soffertiss­imi, dove fatichi come un diavolo.

Siamo ad Aragon, nord est della Spagna in una zona arida e semidesert­a. Una pista che esiste da nemmeno dieci anni, con curve a novanta gradi e pieghe veloci, costruita su una collina che poteva fare da scenario per un film di Sergio Leone. Fa caldo, come al solito quest’anno. Fin dal venerdì sono lì con i primi, ma manca qualcosa. Le gomme si scaldano tanto e dopo tanti giri perdo ritmo. In qualifica faccio un paio di imperfezio­ni e sono in terza fila, settimo. Bene ma non benissimo. Gli altri sono lì ma alla partenza non posso perdere posizioni altrimenti i primi scapperann­o. Davanti ci sono Lorenzo, Dovizioso e Marquez che sembra si possano giocare la gara, ma poi dovremmo essere in quattro o cinque a poter lottare dietro di loro e poi chissà che succede. E succede molto alla prima curva perché parto bene e arrivo con gli altri quando vedo Lorenzo lanciato per aria dalla sua moto, io e Crutchlow dobbiamo quasi fermarci per non prenderlo. Perdo subito tante posizioni e mi ritrovo 11o forse. Proprio ciò che non doveva succedere. Perdere la calma in simili situazioni ho visto che non funziona. Cerco di infilarmi da qualche parte senza fare casino e soprattutt­o senza forzare tanto con le gomme. Ma devo spingere, tanto che al quarto giro segno il giro veloce e torno con i primi. Sto lì una decina di giri con l’Aprilia di Espargaro davanti. Provo quindi a forzare ma scopro che, se voglio arrivare in piedi al traguardo, è meglio stare attenti. La gomma posteriore è rovente e in curva vibra, fastidioso problema che si aggiunge alla situazione precaria sotto le mie ruote. Imbraccio i miei remi e comincio a remare. Piano piano vedo i primi quattro che si allontanan­o. Dietro però non è che siano messi meglio, parlo del mio compagno di squadra Miller e di Valentino Rossi: su di loro prendo forse poco più di un decimo al giro. Tutti i giri, un decimo per volta, una curva per

volta, un giro per volta, cercando di guidare più puliti e più veloci possibile. Forse arrivo a un vantaggio massimo di due secondi. Estenuante. Davanti a me fa lo stesso Espargaro e man mano si allontana. È una guerra di nervi, ho l’acqua alla gola ma sono settimo e ormai ho capito che così devo finire. Prendo almeno un po’ di punti, lì recupero ai miei diretti rivali in campionato che, chi per un motivo chi per un altro, sono andati peggio di me. Devo guardare il lato positivo, ci sono domeniche in cui a pranzo ti abbuffi e altre invece che ti devi accontenta­re di un petto di pollo. Ecco domenica ho mangiato leggero. Ma almeno ho mangiato.

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AFP Danilo Petrucci, 27 anni
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