GIOVINAZZI IN SAUBER CON RAIKKONEN
●Dal 2019 un pilota italiano torna stabilmente nei GP. «Grazie Ferrari, è un sogno che si avvera»
Era ora. Finalmente non è più un’anticipazione: Antonio Giovinazzi correrà in F.1 nel 2019 con la Sauber. E l’Italia torna nello scacchiere della velocità con una grande promessa che stava appassendo nell’attesa, ma che ora potrà trovare una dimensione e, chissà, un futuro. Quando si approda alla F.1, come nel caso del pilota di Martina Franca, non bisogna voltarsi troppo indietro ma guardare ai risultati recenti. Giovinazzi ha avuto una crescita lineare arrivando a un passo dal titolo GP2 lottando alla pari, sino all’ultima gara di Abu Dhabi 2016, col compagno Pierre Gasly, che poi riuscì a prevalere. Ma il rendimento di Giovinazzi fu spesso superiore a colui che, dopo un anno in Toro Rosso, è stato promosso sulla Red Bull ed è considerato un mezzo astro nascente.
PARAGONE Ecco, il solo termine di paragone per valutare Giovinazzi è questo, insieme a tante ottime gare che disputò nell’anticamera della F.1. Però i suoi detrattori ricordano le esperienze frammentarie con Sauber (due GP a inizio 2017 per sostituire l’info rtunato Pascal Wehrlein) e Haas che ne hanno pesantemente minato la reputazione, al punto da creare una certa allergia al suo nome anche da parte di chi, ora, lo ha ingaggiato sulla spinta decisiva di John Elkann. E qui, visto che la Ferrari l’ha adottato, non bisognerà ripetere gli errori che hanno ritardato l’arrivo di Giovinazzi al massimo livello. Perché quegli sbagli furono frutto di una cattiva gestione del pilota non tanto a livello manageriale, ci mancherebbe, quanto come guida e scuola per evitare gli errori in cui venne a trovarsi e che determinarono l’alone di scetticismo sulle sue qualità.
OCCASIONE Non sappiamo se Giovinazzi sarà il campione di domani: spetterà a lui dimostrarlo. Sicuramente, però, sarebbe stato un peccato se non fosse stato messo alla prova. La Sauber, cresciuta parecchio nell’ultimo anno, ha tutti gli strumenti per valutarlo. E lui, per contro, avrà ottimo materiale per mostrare la sua bravura, come accaduto per Leclerc. Come dire che la sua carriera comincia adesso. Giovinazzi disporrà (il comunicato parla di 2019, quindi inizialmente per una stagione) di quel supporto che nel momento decisivo è mancato invece a un altro giovane promettente come lui, Davide Valsecchi, che dopo un anno da collaudatore Renault ha dovuto optare per la carriera di commentatore tv. Il problema degli italiani, che mancano in F.1 dal 2011, è duplice: da un lato sono mancati campioni potenziali, dall’altro a tanti ragazzi di sicure qualità è mancata una gestione capace di instradarli e imporli. Un andazzo di cui sono stati in tanti a pagarne le conseguenze, quando invece in tempi non preistorici c’erano sponsor che appoggiavano intere carriere, basta vedere quanto ha fatto poi la Red Bull con Vettel, Ricciardo, Verstappen. In realtà, negli ultimi 30 anni sono stati solo due i talentscout di piloti italiani: al primissimo posto Giancarlo Minardi e poi Flavio Briatore, che ha dato a Nannini, Fisichella e Trulli i mezzi per vincere.
FELICE «È un sogno diventato realtà ed è un grande piacere poter correre per l’Alfa RomeoSauber — ha raccontato il pilota pugliese —. Ringrazio anche la Ferrari per avermi dato questa opportunità. Sono molto motivato e non vedo l’ora di iniziare a lavorare per ottenere grandi risultati insieme». Con la benedizione di Frédéric Vasseur, team principal Sauber (che tiene Marcus Ericsson come terzo pilota): «Per il 2019 abbiamo preso Kimi Raikkonen, pilota esperto che contribuirà allo sviluppo della vettura, e ora diamo il benvenuto ad Antonio: abbiamo già lavorato con lui in passato e ha dimostrato di avere un grande potenziale». E il sigillo di Angelo Sticchi Damiani, presidente dell’Aci: «Finalmente un pilota italiano torna in pianta stabile in F.1. Dobbiamo ringraziare la Ferrari, noi abbiamo fatto tutto il possibile perché accadesse».