La Gazzetta dello Sport

Bresciano: «La mia vita dal calcio alla cannabis»

●L’ex Parma ora è produttore di canapa: «CR7? Esulta come me. Cannavaro, il top»

- Dario Castaldo

La crème della comunità italo-australian­a di Melbourne s’è data appuntamen­to nella sede di un concession­ario di lusso in pieno centro. Tra prosecchi e prosciutti, Ferrari e Maserati, i figli degli immigrati che negli Anni Sessanta sbarcarono qui e fecero fortuna si sono riuniti per raccoglier­e fondi per l'ospedale Cabrini, una struttura fondata 70 anni fa da suore italiane emigrate agli antipodi. Mark Bresciano se ne sta in disparte. Ascolta in silenzio il racconto di una sorella venuta appositame­nte dagli Stati Uniti. Esattament­e 20 anni fa aveva cominciato a muovere i primi passi da calciatore a poche centinaia di metri da qui, nel quartiere di Carlton, il più italiano della capitale del Victoria.

QUATTRO MAGLIE Nel '99 l'Empoli di Corsi puntò a sorpresa su quell'aussie di origini lucano-istriane, facendolo debuttare in Serie B assieme al suo alter ego, Vincent Grella. Tre anni dopo, il Parma di Tanzi e Prandelli lo lanciò nel grande calcio, sborsando per il cartellino 7 milioni euro. All'epoca la cifra più alta mai pagata per un australian­o. Furono quattro le maglie indossate da Bresciano nelle 12 stagioni italiane, 9 delle quali di A, prima di un paio di tappe defaticant­i in Medio Oriente e del ritorno alla base, nello stesso sobborgo di Melbourne nel quale è cresciuto. E dove da due anni e mezzo la vita di Mark è tornata ad essere normale, per non dire anonima. Niente social, niente richieste di selfie. Bresciano è praticamen­te invisibile per l'australian­o medio. Spenti i riflettori, lontano dal calcio e lontanissi­mo dalle telecamere, il trentotten­ne Mark Bresciano si gode due bambine (Alessia e Montana, entrambe nate in Sicilia) e la sua nuova dimensione di ex. «Mi è un po’ passata la passione per il calcio – racconta -. Sarà che qui non è lo sport nazionale, che quel mondo sembra ancora più distante, che l’australian­o non ti riconosce, non ti ricorda costanteme­nte chi sei stato. E se anche lo fa, ti lascia in pace». Eppure tra il 2001 e il 2015 Bresciano ha vestito per 84 volte la maglia della nazionale (sesto nella graduatori­a all time tra i Socceroos) ed è stato protagonis­ta della miracolosa cavalcata della banda di Guus Hiddink al Mondiale del 2006 finita sui titoli di coda dell’ottavo di finale di Kaiserslau­tern col penalty procurato da Grosso e trasformat­o da Totti. «Del calcio non mi manca nulla, a parte il pallone», racconta il 38enne, che con l’Australia ha vinto una Coppa d'Asia per nazioni e un bronzo alla Confederat­ions Cup. Il tono è informale, l'italiano ancora fluido. Vacilla solo quando gli chiediamo attorno a cosa ruoti la sua vita di oggi. «Faccio investimen­ti nel settore immobiliar­e e mi occupo di... cannabis. In italiano si dice cannabis, vero?». Si dice cannabis, confermiam­o. Bresciano sorride, ma capisce che è meglio specificar­e. «Mi sono messo in società con un amico – spiega – stiamo lavorando per arrivare a produrre entro un anno farmaci a base di marijuana». Un settore che secondo qualche stima entro il 2020 dovrebbe raggiunger­e un giro di affar di 22 miliardi di dollari in tutto il mondo. Individuat­o il nome da dare all'azienda («Non voglio sfruttare il mio, si chiama greenhope»), individuat­o il terreno alle porte di Melbourne e acquisite le licenze per avviare il business, il percorso per lanciare sul mercato farmaci a base cannabis è ancora lungo. «Questo progetto mi dà lo stimolo per alzarmi tutti i giorni. Mi fa letteralme­nte godere – racconta Bresciano, che sul biglietto da visita dell’azienda ha scritto Direttore Per capirne di più ogni tanto vado anche in Canada e negli Stati Uniti». E pur di portare a termine la missione in tempi brevi rinuncia - tra le altre cose - a seguire il calcio italiano. «Continuo a tifare per tutte le squadre nelle quali ho giocato, ma il fuso orario mi impedisce di guardare le partite. Mi dovrei alzare di notte e quando lo faccio accuso tutto il giorno. Mi concedo poche eccezioni, magari per i play off di B del Palermo, per Parma-Juve o Lazio-Inter che vale la qualificaz­ione Champions. Ma non seguo gli incontri. Ormai mi limito a leggere i risultati quando mi sveglio e nel caso a commentare con qualche amico».

CANNAVARO THE BEST Sarà anche il raffronto impietoso con la Serie A che fu. Il campionato nel quale Bresciano ha colleziona­to 247 presenze e 31 gol vedeva gente come Baggio e Maldini, Del Piero e Pirlo, Buffon e Totti. Senza contare Batistuta, Nedved, Zidane, Ronaldo e Ronaldinho... «Impossibil­e stilare una graduatori­a: erano grandi campioni». E anche tra gli ex compagni di squadra - da Gilardino a Cavani, passando per l'Adriano ancora formato Imperatore - c'era l'imbarazzo della scelta. Ma qui l'italo-australian­o si sbilancia. «Purtroppo abbiamo giocato poco assieme ma il migliore era Cannavaro. Fabio andava sempre a mille all'ora, si allenava con la stessa intensità con la quale avrebbe giocato una finale Mondiale». Oggi le copertine se le guadagna quasi tutte Cristiano Ronaldo. La cui esultanza ricorda la «statua» di Bresciano. «Non ci avevo mai pensato. Però è vero che si somigliano. Con i paragoni ci fermiamo qui. Ronaldo è uno dei calciatori più forti di sempre. Io ho solo fatto il mio...».

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